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Stop all'arrembaggio dei fondali marini

E’ la nuova corsa all’oro: quella per accaparrarsi i minerali nascosti negli abissi oceanici come cobalto, litio, nichel. Report WWF

Gli abissi sono brulicanti di vita ed esercitano una grande influenza sull’intero ecosistema oceanico

E’ la nuova corsa all’oro: quella per accaparrarsi i minerali nascosti negli abissi oceanici come cobalto, litio, nichel, tutte materie necessarie a produrre apparecchiature elettriche. Purtroppo gli impatti irreversibili di questa nuova frontiera dell’estrazione mineraria – il Deep Sea Mining – vengono segnalati anche da scienziati e economisti che prevedono conseguenze di vasta portata per clima, biodiversità e per le industrie e le comunità che dipendono da un oceano sano. I benefici commerciali di questo tipo di sfruttamento delle risorse sono, infatti, limitati a poche aziende, mentre i rischi e gli impatti profondi sono a carico di una società più ampia e del pianeta in generale. L’oceano profondo è uno dei più grandi serbatoi di carbonio al mondo. Si teme che l’estrazione mineraria in profondità possa peggiorare il cambiamento climatico, liberando il carbonio immagazzinato nei sedimenti o interrompendo i processi che aiutano a trasportarlo e immagazzinarlo. Alcuni studi hanno dimostrato che, anche dopo un’estrazione sperimentale su piccola scala, il ciclo del carbonio nelle profondità marine non si è ripreso dopo 26 anni. La perdita di produzione primaria legata ai danni per l’ecosistema potrebbe influire sulla pesca globale, minacciando la principale fonte di proteine di circa 1 miliardo di persone e il sostentamento di circa 200 milioni di persone, molte delle quali vivono in comunità costiere povere.

Un business che vale miliardi di dollari

Se da un lato l’estrazione dai fondali marini profondi a livello industriale è stata valutata tra i 2 e i 20 miliardi di dollari, il rovescio della medaglia è rappresentato dal rischio di sconvolgere un’economia oceanica molto più ampia, valutata circa 1,5-2,4 miliardi di dollari annui.
E’ l’allarme lanciato dal WWF in concomitanza della 29esima sessione dell’Assemblea e del Consiglio della International Seabed Authority (ISA) che si tiene dal 15 luglio al 2 agosto a Kingston, Jamaica. In questo incontro i paesi dell’ISA, tra cui l’Italia, discuteranno se il Deep Sea Mining può essere autorizzato in acque internazionali. Il WWF, insieme alla The Deep Sea Conservation Coalition (DSCC), una coalizione di più di 100 ONG, chiede un intervento urgente da parte della comunità internazionale per proteggere i fondali profondi attraverso una Moratoria globale su tutte le attività di estrazione dai fondali marini profondi.

La mappa dell’arrembaggio alle miniere degli abissi contenuta nel Report dove sono localizzate le aree nel mondo con i 3 principali depositi minerari, evidenzia che il Deep Sea Mining potrebbe colpire praticamente ogni angolo degli oceani.

WWF chiede una moratoria globale

La richiesta è di una moratoria fino a quando non saranno compresi i rischi ambientali, sociali ed economici di queste estrazioni, fino a quando questa attività non potrà essere gestita con la garanzia dell’effettiva protezione dell’ambiente marino. Necessario esplorare tutte le alternative possibili rispetto ai minerali di profondità. A quel punto sarà necessaria un’adeguata regolamentazione per proteggere l’ambiente marino e il benessere umano. La richiesta di una moratoria globale (o di un approccio precauzionale o divieto completo) è già supportata da 27 Paesi, più di 800 scienziati di 44 paesi , 49 aziende e istituti finanziari.
Il Governo italiano in questa occasione internazionale potrebbe giocare un ruolo chiave, unendosi formalmente al crescente appello per una moratoria globale sull’estrazione dai fondali marini profondi, assicurandosi che non venga adottato un regolamento sull’estrazione mineraria, ancora prematuro poiché non si può gestire ciò che non si può misurare, e che non venga approvata alcuna licenza o piano di lavoro per l’estrazione mineraria. L’associazione si augura inoltre che l’Italia richieda una revisione della governance dell’ISA, a lungo dovuta, affinché questo organo decisionale risponda ai criteri di trasparenza, inclusività e rispetto dell’ambiente. Il lungo elenco dei rischi descritti nel report del WWF comprende la distruzione di habitat e la perdita di biodiversità, il rilascio di sostanze chimiche tossiche, prodotti di scarto e pennacchi di sedimenti, l’inquinamento acustico che colpisce balene, delfini, tartarughe marine e pesci, la compromissione delle scoperte e degli sviluppi scientifici futuri e l’interruzione dei mezzi di sussistenza e delle fonti alimentari a causa dell’impatto sulla pesca. Poiché gli ecosistemi marini non hanno confini fisici evidenti, l’estrazione dai fondali marini profondi non può avvenire in modo isolato e i suoi impatti non si limitano al fondo dell’oceano. Le perturbazioni possono facilmente attraversare barriere ecologiche e giurisdizionali, portando a conseguenze inaspettate e non quantificabili, anche sulla terraferma.

Giulia Prato, responsabile Mare WWF Italia, ha dichiarato: “L’estrazione dai fondali marini profondi potrebbe avere un impatto distruttivo sugli ecosistemi e sulla biodiversità delle profondità marine, con ripercussioni sulla pesca, sui mezzi di sussistenza, sulla sicurezza alimentare, e potrebbe compromettere i cicli del carbonio e dei nutrienti negli oceani. Inoltre, questa attività è in contrasto con la transizione verso un’economia circolare, compromettendo così gli sforzi già in atto per aumentare il riciclaggio e ridurre l’uso di risorse limitate. Il passaggio a un futuro a basse emissioni di carbonio richiederà grandi cambiamenti strutturali nella nostra economia e nei nostri stili di vita, avremo bisogno dei minerali critici, ma questi sono tutto intorno a noi: prima di tutto occorre pensare a una vera economia circolare, non una corsa allo sfruttamento delle risorse di aree del nostro pianeta precedentemente incontaminate, come i fondali marini profondi”.

Deepsea fish, oreo (Neocyttus sp), deep sea Atlantic ocean

Abissi, quasi sconosciuti e già minacciati

I fondali marini profondi sono l’ultima frontiera del nostro pianeta. Coprono circa la metà della superficie terrestre e sono in gran parte sconosciuti e inesplorati. Le ultime tecnologie ed esplorazioni in realtà stanno mostrando che i fondali marini sono brulicanti di vita ed esercitano una grande influenza sull’intero ecosistema oceanico e sul nostro clima. Sono circa 1.000 le specie scoperte in un’area di 30 km2 di piana abissale destinata al Deep Sea Mining. Il 90% delle specie animali delle profondità oceaniche studiate di recente sono nuove per la scienza.
Lo stesso Sir David Attenborough, volto internazionale della divulgazione scientifica, aveva lanciato il suo allarme nel 2020: “La fretta di estrarre da questo ambiente incontaminato e inesplorato rischia di creare impatti terribili non reversibili. Dobbiamo farci guidare dalla scienza quando ci troviamo di fronte a decisioni di così grande impatto sull’ambiente”.

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