Incendi: l’uomo è doppiamente colpevole
Sono bastati pochi minuti perché le immagini delle fiamme sulla collina della Riserva Naturale di Monte Mario a Roma facessero il giro del web. Un incendio boschivo così vicino a edifici ben conosciuti quale il Tribunale e la sede Rai di Via Teulada fa certamente clamore, soprattutto se per provocare tutto ciò è bastato il fornelletto di un accampamento abusivo (così pare dalle prime valutazioni). E per quanto urbano, tra i lecci e le sughere dei boschi di Monte Mario vivono ricci, istrici, moscardini, volpi, e uccelli quali nibbio, gheppio, il picchio rosso maggiore, l’allocco e la civetta. Solo qualche giorno prima, a pochi chilometri di distanza e per una causa analoga, una colonna di fumo aveva interessato alcuni quartieri a nord-est della Capitale, rendendone l’aria irrespirabile per diverse ore.
Roghi anche in Sardegna
La Capitale in fiamme, quindi. Ma questi due incendi sono tutt’altro che gli unici in Italia. In Sardegna, ad esempio, un rogo di oltre 20 km2 è arrivato ai confini della città di Nuoro minacciando i suoi oltre 30.000 abitanti. Anche in Sicilia e nelle altre regioni del sud Italia i roghi non si sono fatti attendere. I motivi? La mano dell’uomo e la siccità incrementata dalla crisi climatica. L’uomo è quasi sempre (in oltre il 95% dei casi) colui che provoca l’incendio, spesso per volontarietà di arrecare danno e a volte per accidentalità, come forse accaduto a Roma. La siccità costituisce invece il cosiddetto fattore predisponente: rendendo la vegetazione maggiormente infiammabile, amplifica il problema facilitando l’innesco e la successiva propagazione delle fiamme. Anche le temperature estreme (il 22 luglio stato il giorno più caldo mai registrato sulla Terra) e il vento forte e caldo contribuiscono a rendere gli incendi più frequenti e intensi, e quindi difficili da spegnere.
Ma c’è dell’altro: l’uomo in realtà è doppiamente colpevole. Oltre ad innescare l’incendio, l’altra nostra colpa è quella di non aver pianificato negli anni adeguati interventi di prevenzione degli incendi boschivi per rendere il paesaggio più resistente e resiliente, ad esempio gestendo in maniera responsabile il bosco e gli accumuli di combustibile vegetale nelle aree limitrofe agli insediamenti urbani, o intervento nella cosiddetta fascia urbano-rurale per creare fasce di protezione ai margini degli insediamenti urbani.
2024: oltre 600 incendi boschivi in Italia
E così nei primi 7 mesi del 2024, dati EFFIS, ci sono già stati oltre 600 incendi boschivi in Italia, per un totale di circa 220 km2 andati in fumo (quanto tutta la provincia di Trieste). Il record (negativo) per il più alto numero di roghi finora spetta, anche quest’anno, alla Sicilia con quasi la metà del totale. E non è una coincidenza, infatti, se è proprio la Sicilia la Regione che più di tutte sta soffrendo la siccità. Già in stato di emergenza da maggio scorso, per la Sicilia il 2024 è stato già dichiarato l’anno peggiore per le precipitazioni negli ultimi 20 anni. Anche le Oasi WWF hanno subito l’attacco del fuoco in questo caldissimo luglio: Astroni a Napoli, Le Cesine in Puglia e, ultima, Persano in Campania (con i roghi delle vicine ecoballe) hanno fatto i conti con gli incendi che hanno divorato ettari di macchia o bosco, sempre per colpa dell’uomo. Gli incendi boschivi sono un fenomeno ecologicamente e socialmente complesso che va affrontato con un approccio olistico e “dal basso” ovvero responsabilizzando e coinvolgendo nella prevenzione tutti coloro che vivono il territorio, nonché migliorando sinergia e dialogo fra tutti gli enti, settori e attori coinvolti nel problema a scala locale e nazionale. Solo in questo modo, possiamo cominciare a spegnere oggi gli incendi di domani.