L’Analisi del sistema energetico italiano per i primi sei mesi dell’anno, diffusa oggi dall’ENEA, è un campanello d’allarme per il Paese perché, a fronte degli enunciati, si procede in direzione opposta a quella auspicabile sia per far fronte alla crisi climatica, sia per essere al passo con la transizione energetica in atto. A due anni dalla SEN ed a un anno dal PNIEC, manca ancora una strategia di implementazione per lo sviluppo delle rinnovabili, l’unico vero attore della decarbonizzazione, ed è evidente come lo sforzo maggiore sia stato indirizzato per promuovere il settore del gas.
Senza un deciso cambio di rotta l’Indice della Transizione è destinato a peggiorare.
La decarbonizzazione è possibile solo con il passaggio dai combustibili fossili al mix rinnovabili ed efficienza energetica, non certo con un aumento del ruolo del gas che, pur emettendo meno CO2 del carbone, è comunque un combustibile fossile. Quello che abbiamo visto in questo anno non è il gas a supporto dello sviluppo delle rinnovabili ma, sia con il meccanismo del capacity payment nel mercato elettrico sia con i settori che premono per la metanizzazione della Sardegna, un ulteriore sviluppo del gas a scapito delle rinnovabili. Inoltre, il dato conferma che gli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni sono poco sfidanti e non agiscono abbastanza da volano di cambiamento e questo rischia di condannare il nostro Paese, e il suo sistema industriale, a un ruolo di secondo piano nella transizione.
Il fatto che le emissioni di CO2 siano in aumento, nonostante il rallentamento della produzione industriale e del consumo di energia, segnala non solo il mancato disaccoppiamento tra emissioni e sviluppo, ma anche la mancata innovazione del parco tecnologico e industriale.
A parte il dato della diminuzione della produzione idroelettrica a causa della siccità, dato destinato a diventare strutturale per i Paesi del Mediterraneo, negli ultimi anni in Italia sono diminuiti gli investimenti nelle fonti rinnovabili, per una mancanza di una direzione della policy, non certo compensata dall’approvazione, con anni di ritardo, di un decreto che riprende il sistema delle aste con contingenti del tutto inadeguati allo sviluppo delle rinnovabili.Il decreto offre un respiro di un paio di anni, ma manca un quadro complessivo per l’organizzazione di un mercato elettrico in grado di raggiungere gli obiettivi del PNIEC, peraltro già superati dalla necessità di rivedere gli obiettivi al 2030 per allinearli all’evidenza scientifica e all’Accordo di Parigi: la presidente designata della Commissione UE ha dichiarato necessario l’innalzamento dell’impegno di riduzione delle emissioni al 55%, ben oltre l’attuale obiettivo europeo del 40%.
Occorrerà tener conto di questo campanello d’allarme in sede di stesura della versione finale del PNIEC, prepararsi a obiettivi di riduzione della CO2 più sfidanti e dotarsi di strumenti efficaci per far ripartire le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Oggi la decarbonizzazione è una misura della buona salute del sistema economico, non più solo un indicatore ambientale.