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No al progetto del nuovo pozzo in Val d’Agri

Il WWF Italia, che ha presentato le proprie osservazioni sul procedimento relativo al progetto “Perforazione e messa in produzione del pozzo ‘Alli 5’ nell’ambito della concessione di coltivazione di idrocarburi  ‘Val d’Agri’ di ENI Spa, chiede alla Commissione…

Il WWF Italia, che ha presentato le proprie osservazioni sul procedimento relativo al progetto “Perforazione e messa in produzione del pozzo ‘Alli 5’ nell’ambito della concessione di coltivazione di idrocarburi  ‘Val d’Agri’ di ENI Spa, chiede alla Commissione VIA di non autorizzare il progetto.

Lo studio di impatto Ambientale dell’Eni riguarda in particolare un nuovo pozzo da realizzarsi in una postazione già autorizzata, ma non ancora realizzata, in località Civita di Marsicovetere, dove dovrebbero sorgere altri due pozzi, il S. Elia 1 e il Cerro  Falcone7.
Secondo gli esperti del WWF lo studio è da ritenersi parziale e superficiale e di conseguenza del tutto non idoneo ad escludere che la realizzazione delle opere possa arrecare pregiudizi  per gli equilibri e la salubrità dell’ambiente naturale ed antropico, degli habitat, degli ecosistemi e della biodiversità dell’area interessata dalle attività di perforazione e produzione dei pozzi.

Le preoccupazioni principali riguardano l’ambiente idrico che caratterizza l’area interessata e che rischia di subire danni gravi ed irreversibili comportando dirette conseguenze a danno delle popolazioni residenti nei vicini centri abitati. L’area, infatti, dal punto di vista idrogeologico, è molto importante e molto delicata per la presenza di sorgenti ad uso potabile, localizzate a valle della postazione del pozzo, come Sorgente la Peschiera, La Molinara, Fonte Capano, ed altre di grande importanza a livello regionale per le notevoli portate. È veramente difficile pensare che questo prezioso ambiente idrico non sia minacciato dalla rete di perforazioni che partirebbero dalla postazione, ben 5 di cui tre verticali e due orizzontali, fino ad una profondità di 6.000 metri.

La mancanza di idonee tecnologie e sistemi di controllo e monitoraggio che siano in grado di dimostrare in modo certo e inconfutabile che le attività proposte non causino contaminazioni, inquinamenti e danni irreversibili a breve, medio e lungo termine all’ambiente naturale ed antropico e alla salute delle popolazioni locali, impone quindi  di applicare il principio comunitario di precauzione. Non bisogna dimenticare infatti che, contrariamente a quanto sostenuto da ENI nello studio di impatto ambientale, dove ripetutamente si sostiene che i rischi di incidenti sono molto bassi, la realtà dimostra esattamente il contrario. In val d’Agri durante questi 18 anni di attività petrolifere, si contano almeno un centinaio tra incidenti vari e propri ed episodi quantomeno “anomali” avvenuti nelle varie fasi e nelle varie postazioni di Eni: dagli incidenti alle autobotti, a quelli ai pozzi ed a quelli ricorrenti al centro olii, culminati nello sversamento di circa 400 tonnellate di greggio dai serbatoi scoperto ad inizio 2017, incidente definito “rilevante” dal Ministero per l’Ambiente e le cui conseguenze non sono  ad oggi del tutto accertate.

Superficiali anche le valutazioni relative agli impatti sulla biodiversità: il sito oggetto di progetto possiede infatti un’elevatissima e importantissima biodiversità (ben 16 specie in allegato I della Direttiva Uccelli, presenza del Lupo e molto altro) ed è in prossimità del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano e di ben tre aree della rete natura 2000. Inoltre l’area di Marsico Vetere rappresenta una zona archeologica di primaria importanza nazionale ed è all’interno di una IBA (Important Bird Areas). Ciò nonostante l’Eni non fornisce nessuna evidenza certa che le attività petrolifere non andranno a compromettere i delicati equilibri ambientali dell’area.
Nemmeno i vantaggi economici ed occupazionali sono dimostrati nelle relazioni presentate da ENI, a fronte della storia degli ultimi vent’anni della Val d’Agri, dove le perforazioni petrolifere hanno provocato danni al turismo, all’agricoltura, alla zootecnia e alle economie diffuse locali, e, al contempo, un elevato rischio di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee destinate anche al consumo umano, delle terre e dell’aria.
Per tutte queste ragioni il WWF auspica che la Commissione VIA esprima un parere negativo nei confronti del progetto dei nuovi pozzi e che si possa iniziare a pensare ad un futuro per la Val d’Agri che vada oltre il petrolio.
 

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