Cemento triplicato in 40 anni nelle zone a rischio sismico dell’Appennino. Circa 2.200 km2 (per avere una idea si tratta dell’attuale superficie urbanizzata della regione Emilia Romagna) di nuova superficie urbanizzata sulla dorsale appenninica. Tra gli anni 70 e ’80 il patrimonio edilizio e abitativo delle cosiddette Zone sismiche 1 e 2 (le più rischiose) è aumentato a dismisura. Tra gli anni ’50 e i primi del 2000, nonostante la popolazione diminuisse, le superfici urbanizzate sono più che triplicate nei comuni di massimo rischio sismico. Lo rivela uno studio realizzato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria civile, edile-architettura, ambientale dell’Università dell’Aquila in collaborazione con il WWF.
“Dall’analisi dei dati del censimento ISTAT relativi ad edifici ed abitazioni (Istat 2011) emergono delle informazioni inedite – si legge nel rapporto del WWF-Università dell’Aquila – : nei comuni in zona sismica 1 tra il 1946 ed il 2001 sono stati realizzati quasi 550.000 edifici residenziali (ben 10.000 nuovi edifici ogni anno, 28 ogni giorno e patrimonio edilizio-abitativo più che raddoppiato rispetto al 1946) mentre la popolazione è diminuita di oltre 370.000 unità. In zona 2 invece nello stesso periodo sono stati realizzati poco meno di un milione di nuovi edifici residenziali ad un ritmo medio di 18.000 ogni anno”.
I contenuti del report sono stati pubblicati oggi con ampio spazio da Il Fatto Quotidiano, con un’intervista a Bernardino Romano, docente all’Università dell’Aquila e membro del Comitato Scientifico del WWF: “Sembra quasi – dice Romano – che le amministrazioni, a tutti i livelli, si siano dimenticate del fatto che esiste un pericolo”.
L’invasione del cemento nelle zone a rischio sismico
Cemento triplicato in 40 anni nelle zone a rischio sismico dell’Appennino. Circa 2.200 km2 (per avere una idea si tratta dell’attuale superficie urbanizzata della regione Emilia Romagna) di nuova superficie urbanizzata sulla dorsale appenninica. Tra gli anni 70…