Ancora un orso rimasto ucciso sulle strade. È avvenuto ieri tra il Parco Nazionale della Majella e il Parco Nazionale d’Abruzzo-Lazio e Molise, in una delle aree chiave per la sopravvivenza di questa specie e definite “corridoi ecologici”, ma che senza le misure di salvaguardia si trasformano in “trappole ecologiche”.
Dal 1971 al 2015, dai dati raccolti dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, risultano morti ben 112 orsi e si tratta sicuramente di un dato sottostimato poiché non sempre si ritrovano le carcasse. Nella realtà sono certamente di più, e di certo una media di almeno 2,5 orsi deceduti all’anno, un numero troppo alto per una popolazione che conta appena una cinquantina di esemplari. Sebbene spesso non sia possibile risalire alle cause del decesso, l’uccisione con arma da fuoco, l’avvelenamento e la morte sulle strade sono le cause principali.
Le morti per incidenti stradali sono numerose anche a causa di una continua “invasione” da parte dell’uomo nel territorio dell’orso. Si progettano e si realizzano sempre nuove strade proprio nell’areale di questo plantigrado e non si fanno rispettare i limiti di velocità in tratti di strada che si sa benissimo essere interessati dalla presenza di questa specie. Le Regioni hanno i fondi per mettere in sicurezza le strade: risulta ad esempio che la Regione Abruzzo disporrebbe di almeno 2 milioni di euro per questo tipo di interventi che porterebbero benefici per la fauna selvatica e per le persone coinvolte negli incidenti. Purtroppo questi fondi non vengono di fatto utilizzati. Fino ad oggi gli interventi si sono limitati a qualche cartello e pochi catarifrangenti, troppo poco per salvare l’orso. In altri Paesi come la Germania e la Croazia con la costruzione di eco-dotti (viadotti per la fauna selvatica) si salvano migliaia di animali e di vite umane.
“A causa di ritardi, inadempienze e mancanza di iniziative concrete, ci stiamo prendendo una responsabilità enorme: stiamo portando all’estinzione l’orso bruno marsicano – ha dichiarato Dante Caserta, vicepresidente di WWF Italia – È assurdo che una società con un livello così elevato di preparazione e conoscenza, una tecnologia che consente di trovare soluzioni a problemi che fino a pochi anni fa sembravano irrisolvibili, con fondi e contributi dell’Unione Europea per salvaguardare le specie e gli habitat a rischio, perda una battaglia fondamentale come quella della salvezza di una specie così importante”.