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Furto di natura made in Italy

Data la sua importanza per i migratori l’Italia è un paese-trappola per 8 milioni di uccelli, ogni anno bersaglio dei bracconieri: aquile, cicogne, falchi e specie rarissime come l’ibis eremita. Chi spara a specie protette rischia meno di…

Data la sua importanza per i migratori l’Italia è un paese-trappola per 8 milioni di uccelli, ogni anno bersaglio dei bracconieri: aquile, cicogne, falchi e specie rarissime come l’ibis eremita. Chi spara a specie protette rischia meno di una multa per eccesso di velocità. Nel Dossier WWF la Mappa delle 27 aree calde dell’illegalità, le storie e le azioni sul territorio per combattere il fenomeno. E domenica 2 ottobre appuntamento nelle Oasi aperte gratuitamente per toccare con mano il lavoro di 50 anni WWF contro degrado e bracconaggio

Per la fauna selvatica, l’Italia, continua ad essere terra di nessuno e il bracconaggio, un termine ancora non codificato da leggi e norme: tra questi ci sono aquile, cicogne, falchi, e specie rarissime, come l’ibis eremita, alle quali l’Europa dedica progetti di conservazione. Fucili, archetti, reti, tagliole, roccoli e persino fumi di zolfo per stanare gli animali: gli attrezzi del bracconiere sono diversi ma il furto di natura è sempre lo stesso. L’Italia è un ponte naturale tra Europa e Africa per importanti rotte migratorie degli uccelli ma anche un paese-trappola, con 27 aree ad alto tasso di bracconaggio, comprese quelle marine. I dati provengono dal Dossier WWF “#FurtodiNatura: storie di bracconaggio Made in Italy” presentato oggi in vista della Giornata Oasi prevista domenica 2 ottobre in cui apriranno gratuitamente alcune aree protette dal WWF, luoghi speciali difesi da bracconaggio, speculazione e degrado.

Guarda il trailer del docu-film Voli pericolosi, realizzato da Giordano Cossu e Luca Verducci prodotto da Hirya Lab con il sostegno di WWF

Leggendo la mappa delle aree calde stilata dal WWF emerge anche una regionalità del fenomeno che non risparmia neppure le specie marine. Nelle Valli bresciane si catturano i passeriformi con trappole e roccoli, nelle isole di Ischia e Procida si aspetta il periodo di migrazione per sparare a milioni di piccoli uccelli, nelle isole Pontine si spara ai delfini, lungo l’Appennino tosco-emiliano i fucili sono contro lupi e rapaci, catturati o uccisi anche da trappole o bocconi avvelenati, lo stesso accade nel Sulcis, in Sardegna, ai danni dei cervi e passeriformi; nello Stretto di Messina, attraversato ogni anno da 30-45mila uccelli migratori, non è stata ancora debellata completamente l’uccisione illegale di rapaci, cicogne, gru;  lungo le coste sarde e nel Canale di Sicilia si pesca illegalmente il pesce spada. Nella sola provincia di Brescia, sorvegliata da anni da uno dei 50 nuclei di Guardie Volontarie WWF, tra il 1996 e il 2015 sono stati denunciati 1.152 bracconieri, sequestrati 800 fucili, 1.498 cartucce, 4 candelotti di dinamite, 389 richiami acustici e 3 smartphone usati per attirare gli uccelli con richiami artificiali. In circa 20 anni di sorveglianza 888 verbali amministrativi elevati per un ammontare di 233.300 euro in sanzioni   Esiste anche un legame tra bracconaggio e criminalità organizzata, come nell’area del casertano in cui sono stati per molti anni affittati anche a malavitosi i bunker interrati utilizzati per gli appostamenti alla fauna; molti bracconieri inoltre utilizzano spesso i ‘servizi’ della malavita, comprando armi modificate o con matricole cancellate, oppure sfruttano i canali di vendita illegali per smerciare gli animali. A Ballarò a Palermo e a Sant’Erasmo a  Napoli il fatturato del mercato nero di animali si aggira intorno ai 250.000 euro l’anno.   I bracconieri insomma rapinano e saccheggiano un bene comune che appartiene ai cittadini italiani ed europei, un patrimonio cruciale anche per il nostro benessere: uccelli, istrici, lupi e tassi forniscono preziosi servizi, regolano gli equilibri ecologici, liberano le campagne da insetti e parassiti e alimentano un turismo naturalistico importante  per l’economia locale.

I reati di bracconaggio sono molto difficili da quantificare e non esiste una banca dati: secondo le cifre fornite da alcune forze di polizia e da associazioni risulta che tra il 2014 e il 2015 il bracconaggio è aumentato del 40,7% (su 706 casi analizzati), con il 67% a danno di uccelli, 23% mammiferi. In aumento l’uso di trappole e veleni (+ 18%). Purtroppo non è mai diminuito l’accanimento contro le specie protette,  il 31% dei casi, un dato preoccupante perché si tratta di specie importanti per gli equilibri naturali, come orsi bruni, lupi, varie specie di gufi, aquile reali, falchi, cicogne, rapaci notturni. Il bracconaggio, ad esempio, elimina ogni anno circa il 30% della popolazione nidificante di nibbio reale, un rapace inconfondibile, con 50-150 individui abbattuti. L’impatto di questo crimine contro la natura in tutto il bacino mediterraneo è stimato da Birdlife nell’ordine di 13-37 milioni di uccelli selvatici uccisi illegalmente ogni anno, una cifra sottostimata perché non comprende Turchia e Spagna. Purtroppo ad una carenza di vigilanza sul territorio si accompagna la debolezza delle sanzioni, ancora troppo esigue per chi uccide una specie protetta come un orso bruno o un’aquila reale:  Le multe ‘sulla carta’ esistono : secondo la legge sulla caccia (157/1992), paradossalmente l’unica che tutela la fauna, il caso più grave (uccisione di un orso bruno, stambecco, camoscio appenninico e muflone sardo)  prevede l’arresto da 3 mesi a 1 anno e l’ammenda da 1032 a 6197 euro; per le altre specie l’arresto va da 2 a 8 mesi e la multa fino a 2065 euro. Ma il WWF sottolinea che chi uccide un esemplare  rischia spesso una semplice contravvenzione e raramente finisce in carcere. Nel Dossier vengono raccontate anche sei storie emblematiche, come la cattura di migliaia di tordi con i lacci nella Sardegna meridionale o la recrudescenza dell’illegalità ai danni del lupo in Toscana, fino alla pesca illegale nel Delta del Po praticata da bande provenienti dai paesi dell’Est, un fenomeno che in questi anni ha fatto crollare del 30% la fauna ittica in numerosi corsi d’acqua analizzati nella provincia di Ferrara.

Tra le richieste del WWF, dopo la recente riforma del Codice Penale che ha introdotto il Delitto contro l’ambiente, c’è infatti l’inasprimento delle sanzioni penali a tutela della fauna selvatica. Il WWF Italia ha elaborato una proposta di legge proponendo il “Delitto di uccisione di specie protetta”, con pene sia detentive che pecuniarie più severe e adeguate alla gravità.

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