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La COP16 si conclude con un pericoloso rinvio sui fondi per la biodiversità

Il mancato accordo su come mettere a disposizione da parte degli Stati le risorse finanziarie per il GBF allontana l’obiettivo di arrestare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030

Nonostante la grave accelerazione della perdita di biodiversità a livello globale e le conseguenze disastrose del cambiamento climatico che ormai riempiono drammaticamente le cronache quotidiane, il mancato accordo della COP16 di Cali su come mettere a disposizione da parte degli Stati le risorse finanziarie per il GBF allontana l’obiettivo di colmare il gap totale di 700 miliardi annui di dollari di finanziamenti necessari per arrestare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030.  

Due anni fa a Montreal gli Stati si erano impegnati a mobilitare almeno 200 miliardi all’anno entro il 2030 e di accrescere i finanziamenti dei Paesi sviluppati verso i Paesi in via di sviluppo di almeno 20 miliardi entro il 2025 e di almeno 30 miliardi entro il 2030. Si tratta di obiettivi finanziari da raggiungere rapidamente, senza i quali gli Stati meno avvantaggiati difficilmente riusciranno a adottare e implementare Strategie nazionali adeguate a raggiungere i 23 target del GBF.  

Più ombre che luci

Alla COP16 di nuove risorse per la biodiversità se ne sono viste ben poche. Solo un numero ristretto di Stati sviluppati ha annunciato nuovi contributi a favore del Global Biodiversity Framework Fund (GBFF) che ora conta impegni per 407 milioni di dollari. Una goccia nell’oceano a fronte dei 7000 miliardi che annualmente sono indirizzati ad attività che aggravano il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi.

Il rinvio delle decisioni su finanziamenti e quadro di monitoraggio non possono però oscurare alcuni significativi passi in avanti della COP16. Tra questi ci sono il “Fondo di Cali” per la ripartizione equa dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche legate alla biodiversità e l’istituzione di un organo sussidiario che permetterà alle popolazioni indigene di partecipare in modo strutturato alle decisioni della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD). Da accogliere positivamente anche l’impegno a favorire l’allineamento tra NBSAPs (Strategie e Piani Nazionali per la Biodiversità) e gli NDCs (National Determined Contributions) e di esplorare possibili sinergie tra la CBD e l’UNFCCC.  

Isabella Pratesi, Direttrice Conservazione del WWF Italia, dichiara: “Nei giorni drammaticamente segnati dalla catastrofe climatica di Valencia, è scoraggiante constatare che, nonostante esistano framework globali per adottare soluzioni basate sulla natura volte a contrastare alluvioni, inondazioni e disastri generati dalla perdita di biodiversità e dal cambiamento climatico e nonostante gli ecosistemi naturali abbiano un ruolo cruciale nell’assorbire CO2 (il principale gas serra) principale responsabile della crisi climatica, la comunità internazionale non riesca a trovare un accordo su come mobilitare i finanziamenti per rendere reali queste soluzioni. A Cali sono stati fatti alcuni passi in avanti sulle sinergie tra le agende globali su clima e natura e sull’equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche legate alla biodiversità. Ma senza un adeguato meccanismo di mobilitazione delle risorse finanziarie gli obiettivi del GBF non possono essere raggiunti”.

L’Italia maglia nera del G7

Purtroppo bisogna registrare che l’Italia, sui finanziamenti per la natura, fa peggio dei suoi partner G7: a Cali nessun impegno a favore del GBFF è stato annunciato dal Governo italiano, unico Paese G7 parte della CBD a non aver ancora contribuito al Fondo.  

Sul tema Pratesi fa sapere: “Da italiani, ci preoccupa il disinteresse del nostro Paese su queste importanti sfide globali e sulla necessità di stanziare adeguate risorse per la biodiversità. Un disimpegno che si riflette anche a livello nazionale, in un momento cruciale per l’attuazione dei framework normativi internazionali ed europei per la tutela della biodiversità e il ripristino della natura, considerato che la Legge di bilancio in discussione trascura totalmente questi temi. In un Paese frontiera del cambiamento climatico come l’Italia, il ripristino degli ecosistemi degradati e l’adattamento al cambiamento climatico devono essere adeguatamente finanziati per evitare che restino semplicemente dei buoni propositi”. 

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