Dalla tigre, il più grande felino del Pianeta, la cui popolazione si è ridotta del 96% rispetto agli inizi del ‘900, al pinguino imperatore che potrebbe perdere fino al 50% delle sue colonie dell’Antartide per colpa dell’aumento medio delle temperature globali. Le specie animali del Pianeta sono in ‘caduta libera’ nella loro corsa verso l’estinzione, un tema che la nostra civiltà industriale si porta dietro da decenni ma che in questi ultimi anni, sotto il peso delle attività umane insostenibili, ha visto un’impressionante accelerazione. Un quadro generale della perdita di natura è nell’ultimo rapporto del WWF – Living Planet Report – che ha analizzato, tra i tanti dati, la diminuzione di popolazioni di vertebrati in tutti gli ecosistemi: quello terrestre ha visto una riduzione del 69% delle popolazioni animali, quello di acqua dolce, il più drammatico, dell’85% e quello marino del 56% con squali e razze tra le specie più colpite.
La crisi climatica, di cui siamo gli unici responsabili, non solo colpisce drammaticamente le nostre comunità ma gioca un brutto scherzo anche a numerose specie: lo stesso destino del pinguino imperatore potrebbe toccare, infatti, all’orso polare, il maestoso abitante dei ghiacci di cui alcune popolazioni potrebbero subire un calo del 30% entro il 2050, o al leopardo delle nevi, una specie considerata vulnerabile proprio perché legata agli ambienti più estremi che risentono degli effetti del cambiamento climatico.
Incendi e distruzione delle foreste hanno ridotto drammaticamente la popolazione di koala negli ultimi 20 anni, una vera e propria ‘caduta libera’ verso l’estinzione che la popolazione dei territori dell’est Australia potrebbe raggiungere, secondo gli studiosi, entro il 2050. Non sembra avere un destino migliore l’elefante di foresta africano, la specie più a rischio tra questi pachidermi: tra il 2002 e il 2011 nella sola area centro-africana la sua popolazione si è ridotta del 62%: un calo catastrofico degli ultimi due decenni legato principalmente al mercato illegale di avorio.
Nella più recente stima complessiva, la popolazione delle due specie africane (elefante di savana e elefante di foresta) è stata stimata di 415.000 esemplari: rispetto ai 12 milioni di elefanti dell’inizio ‘900, nell’arco di un secolo è scomparso più del 90% degli individui. Nel continente africano ogni anno vengono uccisi e commerciati circa 20.000 esemplari di elefante (il 4% della popolazione mondiale complessiva di elefante africano di savana e di foresta), nonostante il divieto di commercio e detenzione di avorio stabilite dalla Cites. Non stanno meglio i loro ‘parenti’ asiatici: in 8 paesi del sud-est asiatico e della Cina in natura restano tra gli 8.000 e gli 11.000 elefanti asiatici e questi occupano ormai appena il 5% del loro areale storico.
Per non restare solo a guardare la ‘caduta libera’ delle specie e fare in modo che questo non sia il loro ultimo Natale ognuno può fare la propria parte: per far sentire questo grido di allarme il WWF Italia ha appena lanciato la Campagna Adozioni “A Natale regala un futuro” : adottando o regalando l’adozione simbolica di un animale in pericolo si potranno sostenere tutti i progetti a tutela della biodiversità ricevendo in cambio un peluche della specie adottata.
GORILLA DI MONTAGNA FUORI DALLA NEBBIA… MA PER QUANTO?
Degli effetti prodotti dagli sforzi di conservazione ha beneficiato una delle specie simbolo dell’Africa: il gorilla di montagna. Questi animali, dopo lo scimpanzè, sono i nostri parenti più prossimi, condividendo oltre il 98% del loro corredo genetico con la nostra specie, eppure in passato abbiamo trattato il nostro più stretto parente nella maniera peggiore. Le due specie, gorilla di montagna e gorilla di pianura, e le relative sottospecie che vivono nel continente africano, sono nella Lista Rossa e in pericolo di estinzione. Bracconaggio e distruzione del loro habitat hanno decimato i gorilla. I territori che vengono deforestati si trasformano completamente e questo provoca conflitti con le popolazioni umane per lo spazio e le risorse. Gli animali sono colpiti anche dalle nostre malattie entrando in contatto stretto con l’uomo. Ma nonostante un drammatico calo demografico nei decenni scorsi ora gli sforzi di conservazione stanno avendo successo: il gorilla di montagna è tra le poche specie che ha visto una crescita di popolazione. Sul massiccio del Virunga la sottospecie è aumentata del 3% l’anno tra il 2010 e il 2016. La collaborazione tra WWF e altre organizzazioni internazionali ha supportato il Programma Internazionale per la conservazione del gorilla (IGCP). Ma è il primo passo: i gorilla di montagna sono ancora oggi meno di duemila, solo il 17% vive in aree protette e se si allenta la lotta alle minacce, gli sforzi di conservazione restano vani.