Il ritorno al nucleare renderebbe più cara l’energia elettrica

Lo afferma la coalizione 100% Rinnovabili Network che oggi presenta a Roma il Report sui costi del nucleare

“Il nucleare renderebbe più cara l’energia elettrica. Un costo ben maggiore rispetto a quello delle fonti rinnovabili. E i reattori “piccoli” (Small Modular Reactor, SMR) sono ancora più costosi”. Lo afferma la coalizione 100% Rinnovabili Network, promossa dalle associazioni ambientaliste e del terzo settore, da docenti universitari e ricercatori e da esponenti del mondo delle imprese, che oggi presenta a Roma il Report sui costi del nucleare mettendo in fila numeri e dati sui costi che genererebbe un possibile ritorno del nucleare in Italia. Costi a cui vanno aggiunti anche quelli relativi allo smantellamento delle centrali nucleari, alla bonifica dei siti nucleari contaminati e una parte significativa dei costi di gestione dei rifiuti radioattivi, ad alta intensità (che decadono in molte migliaia di anni) e media intensità (che decadono in alcune centinaia di anni), generati dalle barre del combustibile nucleare esaurito e dallo smantellamento delle centrali.

I dati al centro del report parlano chiaro: in Europa nel 2023, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (World Energy Outlook 2024), il costo di generazione dell’elettricità – considerando i costi complessivi della costruzione, del funzionamento dell’impianto, dell’investimento per la costruzione, gli oneri finanziari dell’ammortamento del capitale investito, i costi operativi per la durata della vita produttiva dell’impianto, il funzionamento, il combustibile e la manutenzione – prodotta da nuove centrali nucleari sarebbe di 170 $/MWh, contro i 50 $/MWh del fotovoltaico (3,4 volte di meno del nucleare) e quella dell’eolico onshore di 60$/MWh (2,8 volte di meno) e quella dell’eolico offshore pari a 70 $/MWh. Le differenze dei costi di generazione date dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, nell’Unione Europea derivano dai seguenti costi e rendimenti:

  • per il nucleare: costi in conto capitale pari a 6.600 $/kW, con un capacity factor del 70% e con costi per il combustibile, per la gestione e la manutenzione di 35 $/MW/h
  • per il solare fotovoltaico: costi dell’investimento pari a 750 $/kW, con un capacity factor del 14% e con costi per la gestione e la manutenzione di 10 $/MW/h.
  • per l’eolico: con costi dell’investimento pari a 1.630 $/kW, con un capacity factor del 29% e con costi per la gestione e la manutenzione e di 15 $/MW/h.

Anche al 2030 e al 2050 il nucleare è una forma di produzione di energia elettrica più costosa delle rinnovabili. Parliamo, infatti, di una differenza di ben 100 $/MWh tra nucleare e solare per il 2030 e il 2050, 80 $/MWh per l’eolico onshore, per il 2030 e 75 $/MWh per il 2050. E per l’eolico offshore di 90 $/MWh per il 2030 e il 2050. Differenze di costi, più o meno elevate, che si riscontrano anche negli Stati Uniti, in Cina o in India.

“Un possibile ritorno al nucleare in Italia è dunque qualcosa di insensato e che, inoltre, non tiene conto di due pronunciamenti referendari. Invece di accelerare, in modo adeguato, lo sviluppo delle rinnovabili per arrivare alla piena decarbonizzazione della produzione di elettricità, il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) – commenta 100% Rinnovabili Network – prevede uno scenario di ritorno al nucleare a fissione, con la costruzione di Small Modular Reactor (SMR), di Advanced Modular Reactor (AMR) e di micro-reattori. Il ritorno al nucleare, ancora di più per un Paese come l’Italia che ne è uscito da molti anni, avrebbe un costo molto alto”.  Vediamo, in sintesi, perché:

  1. L’illusione dei piccoli reattori: L’energia elettrica generata con gli SMR – i reattori modulari più piccoli proposti per l’Italia e che ancora non sono stati costruiti in nessun Paese occidentale – costerà più di quella prodotta dai reattori più grandi.  A questa conclusione arriva la rassegna internazionale sui progetti in corso per gli Small Modular Reactor (SMR), pubblicata da The World Nuclear Industry – Status Report 2024 (Mycle Schneider Consulting Project Paris, September 2024)
  2. I costi per lo smantellamento: In Europa, la più recente stima del 2019 del costo previsto di gestione dei rifiuti radioattivi generati dalle centrali nucleari delle scorie, escluso lo smantellamento delle centrali, è nell’intervallo 422—566 miliardi di euro. Da notare come questi costi, oltre a quello del decommissioning e della gestione dei rifiuti radioattivi, nelle stime fatte Agenzia Internazionale per l’Energia nell’Energy Outlook 2024, non sono presi in considerazione. Da ricordare che il deposito dei rifiuti ad alta e media radioattività, di cui il nostro Paese è ancora in attesa, costerà almeno 8 miliardi di euro.
  3. Il baratro economico del nucleare francese: I sostenitori italiani del nucleare citano spesso il nucleare francese come esempio di successo economico. Nulla di più falso: EDF, la società francese che gestisce le centrali nucleari, fortemente indebitata, nel 2023 è stata interamente nazionalizzata dal governo francese, con una spesa di oltre 9 miliardi a carico dei contribuenti.
  4. Il volano delle rinnovabili: Così come farà la maggioranza dei Paesi dell’Unione Europea, Germania compresa, anche l’Italia potrà soddisfare il proprio fabbisogno di elettricità, anche raddoppiato al 2050, non solo all’80%, ma al 100% con fonti rinnovabili di energia: idroelettrico, geotermico, da biomassa e, soprattutto, eolico e fotovoltaico. La discontinuità dell’eolico e del fotovoltaico può essere superata, come stanno facendo e programmando molti Paesi, combinando opportunamente eolico e fotovoltaico e ricorrendo a tecnologie disponibili di accumulo: batteria, accumuli idraulici, accumuli termici e ad aria compressa e, in una prospettiva ormai vicina, anche producendo idrogeno verde e suoi derivati. I maggiori costi degli accumuli, che comunque si ridurranno con la loro crescita e la loro maggiore diffusione che accompagnerà la crescita delle rinnovabili, dato il notevole minor costo di generazione del fotovoltaico e dell’eolico, non saranno tali da rendere conveniente il nucleare.
  5. L’integrazione rinnovabili – nucleare per superare la discontinuità di solare ed eolico sarebbe comunque poco funzionale e costosa perché porterebbe a sottoutilizzare gli impianti fotovoltaici e eolici usando il nucleare come produzione stabile di base. Oppure, caso improbabile visto che gli impianti nucleari sono poco flessibili, con tempi di spegnimento e accensione lunghi, a non usare a pieno gli impianti nucleari.
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