Secondo il WWF l’arresto avvenuto questa mattina del dirigente (ora consulente esterno) del Ministero dei Lavori Pubblici, Ercole Incalza, insieme ad altri tre imprenditori a seguito di un’inchiesta che vede oltre 50 indagati, conferma i sospetti sull’effetto delle norme derivanti dalla legge Obiettivo (legge 443/2001), norme ‘criminogene’ , come venne denunciato a suo tempo dal Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna.
Per il WWF di fronte ad una tangentopoli ancora oggi in continuo sviluppo è bene che il Governo Renzi punti ad una riforma del Codice Appalti: occorre garantire una seria valutazione costi/benefici anche dal punto di vista sociale e ambientale la trasparenza e la correttezza delle procedure autorizzative e la partecipazione degli enti locali e dei cittadini. Inoltre il WWF chiede di abbandonare il Primo Programma delle infrastrutture strategiche, una pesante ipoteca per lo sviluppo del Paese, per sostituirlo con un nuovo Piano Generale della Mobilità e della Logistica che stabilisca le vere priorità necessarie per rispondere alla reale domanda di mobilità del Paese.
Il Programma delle infrastrutture strategiche, secondo il WWF, è uno strumento inefficiente e anzi, dato l’elevatissimo numero delle opere e i costi relativi (in continua lievitazione), si configura solo come l’ennesima operazione dissipatoria delle risorse economico-finanziarie e ambientali, destinate ad aumentare il debito pubblico dell’Italia, finalizzata quasi esclusivamente a soddisfare gli appetiti dei grandi studi di progettazione, delle grandi aziende di costruzione e delle clientele politiche locali.
LA LIEVITAZIONE DEI COSTI DELLE GRANDI OPERE
Il WWF ricorda che i costi complessivi delle Grandi Opere continuano a crescere, senza alcun monitoraggio e controllo da parte del Governo sulla loro attuazione: dalle 115 opere del dicembre 2001 per un costo complessivo di 125,8 miliardi di euro, alle attuali 419 infrastrutture per un valore complessivo di circa 383,9 miliardi di euro (con un costo triplicato al dicembre 2014 rispetto a quanto previsto nel 2001) calcolato nel IX Rapporto sulle infrastrutture strategiche (settembre 2011), elaborato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati, in collaborazione con l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture e con il supporto tecnico di CRESME e ISTITUTO NOVA. Cifra complessiva da maggiorare di ulteriori 8,5 miliardi di euro se non fosse stato deciso tra il 2012 e il 2013 dal Governo Monti l’abbandono del Ponte sullo Stretto di Messina (unica infrastruttura strategica su cui ad oggi si è avuto un ripensamento).
PROGRAMMA TRASPORTI:LO “SQUILIBRIO MODALE“
Una valutazione effettuata dal WWF Italia sul Primo Programma delle infrastrutture strategiche del dicembre 2001 portava a stimare che dei 125,8 miliardi di euro stanziati nel 2001 ben il 49% era assegnato a strade e autostrade e il 37% alle ferrovie (oltre il 70% assegnato a linee ad Alta Velocità). Tali percentuali non si discostano da quelle attuali, posto che nel gennaio 2014 nel Programma, dal costo complessivo attualizzato di 383,9 miliardi di euro, il 52% dell’investimento programmato attiene ad opere stradali (circa 148 Mld di euro), mentre solo il 35% attiene ad opere ferroviarie (93 Mld di euro).
Dietro al Programma , secondo il WWF, non solo manca una ratio economico finanziaria ma non c’è nemmeno una logica che tenti di superare lo squilibrio modale a favore delle modalità di trasporto meno inquinanti.Infatti, mentre il Governo privilegiava le infrastrutture stradali e autostradali, lo squilibrio modale è andato aggravandosi significativamente: nel 2001 il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL) fotografava una situazione già preoccupante, la peggiore d’Europa, in cui il 60% delle merci e l’85% dei passeggeri sceglieva il trasporto su strada. Nell’ultimo Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti, elaborato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che si riferisce agli anni 2009-2010, il trasporti merci su strada è salito al 62.28% e il trasporto passeggeri ha toccato la vetta 92,07%. Ciò ha riflessi sulle emissioni di gas serra che vedono il settore dei trasporti, secondo solo a quello energetico, registrare il primato tra i vari settori economici contribuendo per il 27% alle emissioni totali.