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Vajont, 50 anni dopo

Il Piave, il fiume sacro per la Patria, come punto di partenza per un governo nuovo del territorio dove avviare  un progetto partecipato di riqualificazione fluviale, ambientale e paesaggistica,  è la proposta del WWF Italia contenuta nel dossier…

Il Piave, il fiume sacro per la Patria, come punto di partenza per un governo nuovo del territorio dove avviare  un progetto partecipato di riqualificazione fluviale, ambientale e paesaggistica,  è la proposta del WWF Italia contenuta nel dossier ‘Vajont anno zero: 1963-2013. Consumo del suolo e rischio idrogeologico, un territorio da ripensare’ pubblicato in occasione del cinquantesimo anniversario della tragedia del Vajont.

Nel dossier del WWF si documenta come il comune sia stato ricostruito ma anche come la sua superficie urbanizzata sia quadruplicata e ci sia spinti a costruire fin dentro il fiume: la tragedia sembra aver spazzato via anche quella cultura che conosceva il fiume e  saggiamente lo temeva. La fascia fluviale lungo il Piave nel Comune di Longarone è in gran parte occupata da aree industriali all’interno delle quali vi sono molte zone abbandonate.

Il Monte Toc non poteva sopportare le sollecitazioni di quell’invaso artificiale. Dopo tante altre tragedie che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese in questi ultimi 50 anni, dobbiamo imparare la lezione: tutta l’operazione della diga del Vajont è stata fatta senza tenere in conto il delicatissimo equilibrio idrogeologico del territorio. Negli ultimi 50 anni si è proceduto alla cementificazione ed edificazione indiscriminata delle valli, ma non possiamo continuare a ignorare le aree a rischio idrogeologico che le Autorità di bacino, delegittimate e senza fondi, hanno catalogato e comunicato a tutti gli enti, comuni inclusi” ha detto Andrea Agapito Ludovici tra gli autori del dossier.

In Italia tra gli anni ‘50 e il 2000 si è assistito a un’urbanizzazione che ammonta ormai a 2 milioni e 250 mila ettari (un’area grande come Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia insieme), come risulta dall’indagine originale (realizzata raffrontando cartografia storica) coordinata dal professor Bernardino Romano dall’Università dell’Aquila a cui il WWF ha contributo.

E’ proprio l’enorme consumo di suolo che ha spinto il WWF Italia ad avviare nel 2011 la campagna RiutilizziAmo l’Italia volta, innanzitutto, a frenare e invertire la tendenza che nei prossimi 20 anni, ai ritmi attuali, rischia di coprire di grigio altri 680.000 ettari (un territorio più esteso della Basilicata).

Negli ultimi 50 anni si è registrata nel nostro Paese una conversione urbana media del suolo di quasi 90 ettari al giorno. Come documenta il dossier ‘Terra Rubata‘, di WWF e FAI (gennaio 2011), sulla base di una ricerca coordinata dall’Università degli Studi dell’Aquila, non e’ possibile tracciare in Italia un cerchio del diametro di 10 km senza intercettare un insediamento urbano.

Dal 1948 a oggi il nostro territorio conta 4,5 milioni di abusi edilizi (75 mila l’anno, 207 al giorno), favoriti dai 3 condoni che si sono succeduti negli ultimi 16 anni (nel 1985, nel 1994 e nel 2003). Il Comune di Longarone è un esempio di questo tipo di urbanizzazione del territorio con un alto consumo di suolo. Dopo il 2000, la superficie urbanizzata si è quasi quadruplicata e oggi i tre quarti dell’urbanizzato (soprattutto le grandi zone commerciali e industriali) sono collocati entro i 700 metri dall’alveo fluviale ordinario, ovvero a rischio alluvione.
 

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