Commercio di squali e razze vale 2,6 miliardi di dollari e l’Italia è il primo Paese importatore
Oggi il 36% di più di 1200 specie di squali e razze è minacciato di estinzione. Servono migliori regole e trasparenza per combattere il sovrasfruttamento
Più di 200 Paesi e territori importano e esportano carne di squalo e razza in un commercio globale che è arrivato a 2,6 miliardi di dollari tra il 2012 e il 2019, e che vede la Spagna come il più grande esportatore, mentre l’Italia come il maggiore importatore.
Oggi il 36% di più di 1200 specie di squali e razze è minacciato di estinzione e l’Unione Europea risulta essere responsabile di più del 20% del commercio legale di carne di squalo a livello globale. Per questo oggi (14 luglio), in occasione della Giornata Mondiale dello Squalo, il WWF presenta il suo report “The shark and ray meat network: a deep dive into a global affair”: un’analisi sconvolgente che da contorni più chiari ad un mercato complesso e opaco e che contribuisce all’attuale declino degli squali e delle razze negli oceani di tutto il mondo.
Per poter sviluppare la prima analisi sul mercato internazionale di specie di squali e razze, il WWF ha collaborato con un team di scienziati, utilizzando la teoria dei grafi che rivela non solo chi sono i principali importatori e esportatori di queste carni, ma anche chi sono i trader che giocano un ruolo fondamentale come intermediari in questo mercato internazionale. Il report mostra chiaramente come e dove è necessario focalizzare gli sforzi internazionali per invertire il declino della popolazione di squali e razze, e chiede trasparenza e tracciabilità come elementi necessari per fermare il declino di queste specie, anche nell’interesse del benessere dei nostri oceani.
L’Italia risulta essere un attore chiave del commercio globale: tra il 2009 e il 2019, il nostro Paese è risultato 1° nella lista globale dei Paesi importatori di carne di squalo per valore complessivo dei prodotti importati (345 milioni di dollari) e terzo in lista in termini di volume, con un totale di 89 mila tonnellate. Nell’ultimo decennio, il commercio di carne di squalo dalla Spagna all’Italia si è classificato tra i più alti al mondo in volume, seguito da Francia e Croazia. Secondo dati del 2017, la maggior parte delle importazioni di prodotti di squalo e razza in Italia è importata congelata, in filetti o in altre preparazioni non definite, ed è costituita da spinaroli (41%) e squali pelagici (26%), seguiti da razze (4%) e pinne di squalo (5%). I filetti freschi o refrigerati di spinarolo sono i prodotti più costosi 11 dollari /kg, mentre nel 2019 le pinne di squalo hanno raggiunto la cifra di 13 dollari/kg.
Non solo quindi in Italia il consumo di carne di squalo e razza è elevato, ma consumiamo anche pinne di squalo e siamo quelli che pagano il prezzo più alto per i prodotti importati di carne di queste specie: in media 3,37 Euro/Kg (4 dollari /kg).
Anche se le pinne di squalo sono generalmente più costose della carne, e il loro commercio globale ha ricevuto molta più attenzione fino ad oggi, il mercato globale di carne di squali e razze oggi supera quello di pinne sia in volume che in valore.
“Consumiamo più carne di squalo e razza di quanta non pensiamo, e questo succede ovunque, anche in Europa, con serie conseguenze per alcune specie già a rischio di estinzione- afferma Giulia Prato, responsabile Mare del WWF Italia-. Sembra assurdo ma squali e razze migrano di più da morti che da vivi, dal momento che la loro carne attraversa 200 confini, con i Paesi del Mediterraneo e dell’Europa che svolgono un ruolo chiave come importatori, esportatori e consumatori”.
“I collegamenti commerciali sono estensivi, con una schiera di Paesi che giocano un ruolo centrale, tra cui anche numerosi Stati membri dell’UE al centro di questo network. Tutti questi Paesi, Italia in primis, devono urgentemente adottare e implementare regolamentazioni e controlli per attività di pesca più sostenibili e tracciabili, per assicurare che il commercio avvenga a partire da stock ittici gestiti in maniera appropriata e legale, che le specie protette non finiscano sul mercato e che i consumatori possano fare scelte informate”, aggiunge Giulia Prato.
Squali e razze poi sono ancora pescati, seppur accidentalmente, in molti mari italiani. Le percentuali più alte di elasmobranchi sbarcati sono registrate, rispettivamente, nel Mar Adriatico Settentrionale (36,7%), nella Sicilia Meridionale (29,1%), nel Mar Ligure e Mar Tirreno Settentrionale (12,2%) (dati FDI), con la pesca a strascico che incide maggiormente sullo sbarco di tutte le specie commerciali italiane di squalo e razza (78,6%), seguita da tramagli e reti da posta (17.5%) e da ami e palangari (3.8%).
Le tre specie più pescate in Italia sono la razza (R. Clavata), il palombo (M. mustelus) e il gattuccio (S. canicular), che insieme rappresentano più del 60% degli elasmobranchi sbarcati. I palombi sono gli elasmobranchi con il maggior valore commerciale, e vengono venduti a 5 euro/kg, seguiti dagli spinaroli (3.9 euro/kg).
Una volta sbarcati, agli squali pescati viene rimossa la pelle per non renderli riconoscibili e farli assomigliare ad altre specie di maggior valore economico. Questo accade molto spesso per il boccanera (Galeus melastomus) che può essere venduto come “gattuccio” (Scyliorhinus canicula) o spinarolo (Squalus spp) a seconda della regione, oppure per la verdesca (Prionace glauca) a volte venduta come pesce spada.
Il WWF chiede alle istituzioni di dotarsi di un Piano Nazionale per gli Elasmobranchi, in linea con il Sharks International Plan of Action della FAO, che preveda regole per una pesca sostenibile, con una migliore raccolta dati e tracciabilità del commercio, ma anche ai consumatori di impegnarsi per evitare di acquistare e consumare carne di squalo e razza a meno che non siano approvvigionate in maniera sostenibile e tracciabile. Tuttavia, molto pochi sono i prodotti attualmente disponibili sul mercato che incontrano queste caratteristiche.