Sabato 2 dicembre in piazza per ribadire “Lo stretto non si tocca”
L’Italia rischia sul ponte sullo Stretto di Messina due procedure d’infrazione comunitarie. Una per violazione della Direttiva Appalti (Dir, 2014/24/UE), per aver assegnato senza gara un’opera il cui costo eccede di più del 50% del valore del contratto iniziale. L’altra per violazione della Direttiva Habitat (Dir. 92/43/CEE) e Uccelli (Dir 2009/147/CE, ex 79/409/CEE) per l’incidenza negativa che il progetto avrebbe su una delle aree più importanti per la sosta e il transito degli uccelli migratori. Lo Stretto di Messina infatti ospita due Zone di Protezione Speciale (ZPS) tutelate dall’Europa: la Costa Viola (Calabria), i Monti Peloritani-Dorsale Curcuraci-Antennamare (Sicilia) e Area Marina dello Stretto. È il monito lanciato dal WWF a pochi giorni dalla manifestazione nazionale “Lo Stretto Non si Tocca” che si svolgerà a Messina sabato 2 dicembre (appuntamento alle 15.30 piazza Cairoli) indetta da associazioni e comitati locali alla quale hanno già aderito più di 60 tra associazioni, comitati, sindacati, soggetti collettivi nazionali e locali tra cui lo stesso WWF.
Il WWF ricorda che il costo originario del ponte è di 3,9 miliardi di euro del 2003, assegnato con un maxiribasso al GC Eurolink, capeggiato da Webuild. Sulla base degli indici di costo ISTAT, il valore dell’opera sarebbe oggi di 6,065 miliardi di euro e il limite massimo entro cui il costo può crescere senza gara è al massimo di poco più di 9 miliardi: il Codice Appalti e la Direttiva 2014/24/UE stabiliscono, infatti, che si possa procedere senza gara quando il prezzo dell’opera non ecceda il 50% rispetto del contratto iniziale. I 14,6 miliardi di euro (quasi un punto di PIL) indicati dal governo nel DEF e gli 11,6 miliardi di euro indicati nella Manovra 2024 sono ben al di sopra di questo limite e quindi l’affidamento senza gara a Eurolink è contestabile.
D’altra parte, resta un mistero, sottolinea il WWF, come si si possa giustificare il costo dell’opera, considerato che non si conosce ad oggi il Piano Economico Finanziario del ponte che ne dimostri la sostenibilità e la redditività. Già nel 2013 a fronte di quanto stabilito dal decreto legge n. 179/2012 il General Contactor si rifiutò di produrre l’analisi che attestasse la sostenibilità dell’investimento richiesta dal Governo che era in carica. Nel 2021 il Gruppo di lavoro, costituito presso l’allora Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili escluse il project financing, perché la brevità del percorso di attraversamento e delle opere connesse non prevedeva un numero di pedaggi che consentisse di ripagare l’opera. Dalle stesse carte prodotte dal progettista nel 2011 si deduce che, a fronte di una capacità annua di 105 milioni di auto (nelle due direzioni) il traffico previsto su gomma sarebbe di 11,6 milioni di auto, un grado di saturazione dell’11% estremamente modesto perché possa giustificare l’opera.
Infine, ricorda il WWF, nel 2005 la Commissione Europea aveva avviato una procedura d’infrazione per il rischio di deterioramento degli habitat comunitari e di perturbazioni dannose per gli uccelli conseguenti alla realizzazione del progetto e per non aver correttamente eseguito la valutazione di incidenza sulle due ZPS che ricomprendono lo Stretto di Messina (come ebbe modo di confermare la Commissione Tecnica VIA e VAS del Ministero dell’Ambiente anche nel 2013). Lo Stretto è un’area cruciale per la migrazione afro-euroasiatica in cui transitano centinaia di specie diverse di uccelli (ad oggi censite oltre 300), con passaggi stagionali nell’ordine delle decine di migliaia di individui di rapaci (38 specie diverse) e nell’ordine dei milioni di individui per molte altre specie, sia durante il giorno che la notte. Considerato uno dei punti di concentrazione (bottle-neck) della migrazione dei rapaci diurni e delle cicogne più importanti del Paleartico occidentale, proprio per la sua tutela sono state designate le ZPS. La creazione di una barriera trasversale, qual è il ponte, la distruzione di aree di sosta e alimentazione contrasterebbe nettamente con la responsabilità di conservazione degli uccelli migratori che l’Unione Europea chiede di adottare agli stati membri.