Denuncia Greenpeace, Legambiente, WWF: MITE fa ripartire idrocarburi
Un inaccettabile messaggio pro-fossili proprio in apertura della PreCop26 dal Ministero della Transizione Ecologica. In assenza dell’adozione del PiTESAI, il cosiddetto Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, entro il 30 settembre, si sono rimessi in moto i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi (compresi quelli di Valutazione di Impatto Ambientale) per la prospezione e ricerca degli idrocarburi, che erano stati sospesi sino a fine settembre e che ricominceranno a minacciare circa 91mila chilometri quadrati di mare e 26mila kmq sulla terraferma.
È la denuncia di Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia che avevano lanciato l’allarme con una lettera al Ministro Cingolani sin dal 9 settembre scorso paventando che questo sarebbe stato l’esito inevitabile, visto che non c’era il tempo per il perfezionamento della procedura VAS sulla proposta di PiTESAI e per l’intesa con la Conferenza unificata per le attività legate alle trivellazioni a terra, prima di adottare il Piano.
Decine di istanze per prospezioni a terra e in mare
Ciò comporta per le sole attività a mare, come ricordano le tre associazioni sulla base dei dati riportati nella stessa proposta di PiTESAI, che riparta l’iter per: 5 istanze di permesso di prospezione in mare, di cui è in corso la valutazione ambientale, per un totale di 68.335 kmq. 24 istanze di permesso di ricerca in mare (alcune delle quali con la procedura di VIA in corso) per un totale di 13.777 kmq e che coinvolgono Sicilia, Marche, Abruzzo, Puglia, Golfo di Venezia. Inoltre 20 permessi di ricerca – per un totale di 8.872 kmq – che erano stati congelati in attesa dell’approvazione del piano.
Per la terraferma, ricordano le Associazioni, ripartono, invece: 56 le istanze (di cui 50 per permessi di ricerca) per 11.483 kmq che riprenderanno l’iter amministrativo e che riguardano Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Molise e Puglia. 43 invece i permessi di ricerca per 14.473 kmq e che vedono coinvolte oltre alle regioni precedenti anche Piemonte, Sicilia, Veneto e Marche.
E mentre ripartono le istanze, langue il piano di decommissioning delle 34 piattaforme (l’80 per cento delle quali nella fascia di interdizione di 12 miglia dalle coste e il 50 per cento senza Valutazione di Impatto Ambientale) che erano state individuate nel “Programma italiano di attività per le dismissioni piattaforme offshore”, redatto a fine 2018.