Incentivi vanno dati alla riconversione del settore
Con la crisi climatica in atto, affrontare la mancanza di neve incentivando l’innevamento artificiale vuol dire aggravare il problema, attingendo alle già scarse riserve idriche e impattando sugli ecosistemi. Oltretutto, veniamo da un’estate di intensa siccità, in cui mancava l’acqua anche per il consumo umano e l’agricoltura; solo pochi giorni fa lo stesso Consiglio dei Ministri ha prorogato lo stato di emergenza idrica in dieci regioni (aggiungendo le Marche a quelle già incluse), ammettendo che i motivi di preoccupazione permangono. Occorre invece riconvertire il settore, ampliando l’offerta alternativa e non investendo più nei settori destinati a un drastico ridimensionamento, come quello sciistico: questo il commento del WWF Italia ad alcune delle misure annunciate oggi dalla Ministra del Turismo, Daniela Santanché.
Per attuare davvero Piani di Adattamento al cambiamento climatico, occorre evitare assolutamente di spendere molti soldi dei contribuenti per fare le stesse cose allo stesso modo, creando oltretutto conflitti e rischiando di aggravare i fattori di crisi. Come suggeriscono le Linee Guida per l’Adattamento della Convenzione sulle Alpi, di cui l’Italia fa parte, occorre puntare alla riduzione della dipendenza economica locale dall’attività sciistica, diversificando i prodotti turistici includendo attività che siano meno dipendenti dalla variabilità degli accumuli di neve[1].
A differenza di quanto affermato nell’incontro al Ministero, l’impatto del cambiamento climatico sulla montagna è un dato strutturale che già da oltre un decennio sta provocando una drastica diminuzione del manto nevoso e sta trasformando le località montane sulle Alpi, sulle pre-Alpi e sugli Appennini. Se pure ci sono state occasionalmente copiose nevicate, la tendenza è ben chiara e sta aumentando, provocando, tra l’altro, un aggravamento della scarsità d’acqua. In tale situazione, è essenziale una gestione dell’acqua trasparente, socialmente ed ecologicamente equa per soddisfare la crescente domanda.
Per l’innevamento di base (ca. 30 cm di neve, spesso anche di più) di una pista di 1 ettaro, occorrono almeno un milione di litri, cioè 1.000 metri cubi d’acqua, mentre gli innevamenti successivi richiedono, a seconda della situazione, un consumo d’acqua nettamente superiore, il che corrisponde approssimativamente al consumo annuo d’acqua di una città di 1,5 milioni di abitanti. L’acqua viene attinta da torrenti, fiumi, sorgenti o dalla rete dell’acqua potabile, in un periodo di estrema scarsità. Per l’innevamento, è importante disporre in breve tempo di notevoli quantità d’acqua. Quindi spesso viene favorita la costruzione di bacini di raccolta, atti a garantire l’alimentazione dell’acqua agli impianti di innevamento.
Inoltre, in periodo di crisi energetica, è bene ricordare l’altissimo consumo d’energia: per assicurare piste innevate su tutte le Alpi si è calcolato che occorrerebbero 600 GWh di energia elettrica[2].
La prima denuncia del WWF risale al lontano 2007
Peraltro anche l’utilizzo di questi cannoni sparaneve risulta anche inutile perché le alte temperature spesso fanno sciogliere rapidamente la neve “sparata”. In un dossier su Alpi e Turismo del 2007, il WWF suggeriva, tra l’altro, di escludere la realizzazione di nuovi impianti sciistici con prevalente sviluppo al di sotto dei 1.500 metri e, per le altitudini superiori, una moratoria dei nuovi impianti di almeno 5 anni, per valutare adeguatamente gli effetti delle forti criticità ambientali collegate ai cambiamenti climatici. È bene ricordare che negli ultimi 15 anni, invece, i nuovi impianti realizzati lo sono stati spesso (per non dire sempre) grazie ad investimenti pubblici.
Il WWF suggerisce anche di definire strategie di intervento sostenibili (di adattamento e di mitigazione) e partecipate per il turismo montano, in relazione ai cambiamenti climatici in corso; di costituire una banca dati nivo-meteorologici almeno a livello di bacino idrografico, per garantire un’efficace capacità di pianificazione e promozione del turismo alpino, basata su rilevamenti omogenei e su una serie significativa di stazioni; di individuare incentivi per la riconversione delle strutture e degli impianti turistici (tenendo conto dei punti sopraelencati) alle esigenze ecologiche e per definire una nuova politica turistica sostenibile.
[1] https://www.alpconv.org/fileadmin/user_upload/Publications/AS/AS7_IT.pdf