L’estate più calda mai registrata in Europa e il suo impatto drammatico sul sistema agricolo
Perdite pari al 10% della produzione agroalimentare nazionale, per un valore superiore ai 6 miliardi di euro
E la siccità continua
WWF: Ripensare la nostra produzione agroalimentare con una strategia nazionale integrata verso sistemi più sostenibili come il biologico
Di fronte alla crisi climatica siamo spesso portati a considerarci impotenti e a demandare alle decisioni delle istituzioni e delle aziende. Invece ogni scelta che facciamo ha ripercussioni non solo dirette, ma anche indirette sulle emissioni totali di gas serra, orientando l’economia, e quindi può favorire la lotta al cambiamento climatico. Questo è particolarmente vero quando parliamo di abitudini di vita, a cominciare da quelle alimentari. Il sistema alimentare rappresenta il 29% dell’impronta ecologica globale delle attività umane: il cibo infatti deve essere coltivato, raccolto, pescato, allevato e poi trasformato, trasportato, confezionato, distribuito, cucinato e spesso sprecato. In ognuno di questi passaggi consumiamo risorse e provochiamo emissioni di gas serra che contribuiscono al cambiamento climatico. Il 23% delle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane deriva dall’agricoltura (incluse silvicoltura e altri usi del suolo) e oggi sono 5,3 i milioni di km2 di aree naturali convertite in terreni agricoli, corrispondenti a poco meno della superficie di tutta l’Europa continentale (esclusa la Russia). L’agricoltura intensiva inoltre compatta il suolo, aumenta l’erosione e riduce la quantità di materiale organico nel terreno. L’uso di fertilizzanti artificiali ha causato il raddoppiamento delle emissioni di protossido di azoto, un potente gas serra, negli ultimi 50 anni. Gli allevamenti intensivi da soli sono responsabili del 14,5% delle emissioni globali, paragonabili all’intero settore dei trasporti globale.
Ma le emissioni complessive del sistema alimentare sono ancora più alte e arrivano al 37% se si includono i processi di trasformazione, trasporto, consumo (e spreco) dei prodotti alimentari. A seguito del lancio del nuovo Living Planet Report, Il WWF con la sua campagna Food4Future, lancia l’allarme sull’insostenibilità del nostro sistema alimentare, che finisce a sua volta per subire per primo, le conseguenze della sua insostenibilità.
L’impatto del clima sulla produzione agroalimentare italiana
L’aumento delle temperature sta influenzando la produttività agricola minacciando la sicurezza alimentare. Il riscaldamento, aggravato dalla siccità, ha causato una riduzione della produttività nell’Europa meridionale.
L’Italia è al centro della regione Mediterranea, una delle aree più interessate da impatti significativi degli eventi climatici estremi (siccità e alluvioni).
Il caldo e la siccità di quest’estate in Italia, così come in gran parte dell’Europa centro-meridionale, hanno determinato gravi ripercussioni su ecosistemi naturali (ghiacciai, aree boschive e foreste), ma anche su agricoltura, benessere umano e animale, favorendo la propagazione di numerosi e vasti incendi. La tendenza alla tropicalizzazione del nostro Paese si manifesta con caldi significativi e persistenti, siccità, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ma troppo intense. Le campagne italiane sono allo stremo e più di ¼ del territorio nazionale (il 28%) è a rischio desertificazione.
Quest’anno questa grave situazione climatica ha determinato perdite pari al 10% della produzione agroalimentare nazionale, per un valore superiore ai 6 miliardi di euro (fonte Coldiretti).
In alcuni casi, i numeri delle perdite sono drammatici: fino al 70% in meno per diverse varietà di frutta e verdura, tra il 50 e il 60% in meno per il mais, tra il 10 e il 30% in meno per il grano, il 20% in meno per cozze e vongole, il 45% in meno per il mais e i foraggi per l’alimentazione degli animali, il 20% in meno per il latte.
Ad esempio, a Cremona, si stimano cali nelle rese del 30% su frumento, orzo e pomodoro. In alcune zone fra Lombardia e Piemonte fino al 40% di perdite per il riso. In Puglia si è già perso in media 1/3 delle produzioni: dalla frutta al grano e avena (- 30%), alle olive (- 40%).
In Toscana la vendemmia è partita con due settimane di anticipo, con riduzione delle rese che oscilla tra il 10% e il 20% a seconda delle varietà di vitigno. Nelle campagne del Vercellese e del Biellese il maltempo estremo ha causato riduzione nelle produzioni che vanno dal 60% al 90% per riso, mais e soia (fonte Coldiretti).
Un trend negativo complessivo delle rese agricole che rende l’Italia deficitaria in molte materie prime e aumenta la dipendenza dall’estero.
Ma la situazione è preoccupante anche a livello internazionale. La produzione mondiale di grano per il 2022/23 è in calo. Proprio la resa del grano potrebbe addirittura diminuire a livello mondiale del 6-7% per ogni grado Celsius in più, secondo uno studio della Wheat Initiative. Per ogni grado Celsius di aumento della temperatura globale si ridurrebbero in media anche le rese di riso (-3,2%), mais (-7,4%) e soia (-3,1%).
Gli effetti attesi dei cambiamenti climatici potrebbero così compromettere seriamente la capacità dell’agricoltura di nutrire il Pianeta, ostacolando i progressi verso l’eradicazione della fame, della malnutrizione e della povertà. In futuro il cambiamento climatico avrà ulteriori impatti sulle rese agricole, sulla qualità e offerta di cibo, con un possibile aumento dei prezzi alimentari.
La buona notizia è che il nostro Paese può dare al mondo segnali positivi. Le soluzioni esistono, sia quelle tecniche sia sociali così come quelle politiche, ma ci vuole un cambiamento di rotta per applicare pratiche scientificamente provate al fine di modificare le scelte della popolazione e dei governi. Serve mettere in atto una transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, lungo tutta la filiera, dalla coltivazione fino al consumatore. È urgente orientare l’agricoltura verso il biologico, verso l’agroecologia, con basso impiego di agro-farmaci, sistemi a filiera corta, scelta di prodotti stagionali e diete a basso consumo di carne e derivati animali.
“Il settore agricolo ha la caratteristica unica di essere sia parte del problema sia della soluzione: da un lato genera emissioni di gas climalteranti, dall’altro può aiutare a riassorbirle con un’appropriata gestione sostenibile basata sui principi e metodi dell’agroecologia– dichiara Eva Alessi, Responsabile sostenibilità WWF Italia-. Parallelamente, un cambiamento della dieta verso sistemi alimentari più sostenibili, basati prioritariamente su verdure e cereali, sarebbe una misura efficace per ridurre in modo significativo i gas serra. La strada è ancora lunga, ma possiamo iniziare a percorrerla fin da ora”.