WWF: una scatola vuota con molte ombre
Solo poche righe: è tutto quello che si conosce del cosiddetto Piano Mattei dopo il Decreto approvato oggi dal Consiglio dei Ministri. Nonostante non ci sia il Piano, come ha riconosciuto il ministro e vicepresidente del consiglio Antonio Tajani, dunque, il Consiglio dei Ministri si è affrettato ad approvare una complessa struttura operativa, oltre alla cabina di regia, con tanto di deroga alle assunzioni per i dirigenti, incluso il coordinatore della struttura di missione, come era stato fatto per il Ponte sullo Stretto. La cabina di regia includerà le aziende partecipate (lo ha affermato in conferenza stampa la presidente Meloni) e anche aziende private (lo ha detto il ministro Tajani).
In realtà, il decreto rappresenta un contenitore piuttosto vuoto, ma non privo di ombre.
Era atteso un vero strumento di pianificazione, invece, illustra il decreto, il Piano Mattei sarà elaborato solamente nei prossimi mesi dalla “Cabina di Regia”, che ne completerà la definizione avvalendosi della Struttura di missione, incardinata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Al netto delle perplessità sulla composizione della Cabina di Regia e della Struttura di Missione, l’impressione è quella della creazione dell’ennesimo, complesso e costoso ingranaggio burocratico, senza voler preventivamente chiarire finalità, obiettivi e modalità di conseguimento degli stessi.
Una cosa che conosciamo, e non condividiamo affatto, è l’intenzione di finanziare il Piano con i soldi del Fondo per il Clima, quelli che i paesi sviluppati si sono impegnati a destinare ai paesi vulnerabili con l’accordo di Parigi: ci opporremo in tutti i modi, praticamente equivarrebbe a finanziare l’aggravamento del riscaldamento globale (con l’uso del gas e combustibili fossili) con i soldi destinati a far fronte alla crisi climatica
Una confusa delega in bianco
In questa confusa delega in bianco, occorre iniziare a leggere tra le righe. Nessun ruolo prioritario viene assegnato alle rinnovabili, che sembrano decisamente in secondo piano rispetto ad uno sfruttamento, seppur definito come “sostenibile”, delle risorse naturali, ovvero, implicitamente, delle fonti fossili. Le rinnovabili, al contrario, dovrebbero essere l’asse portante di un sistema energetico decarbonizzato, alla base dello sviluppo sostenibile anche degli stessi paesi africani. Parimenti, l’intento di trasformare l’Italia in un hub del gas, più volte rappresentato da questo Governo, anche in atti ufficiali come il PNIEC, è mal celato dal Decreto sul Piano Mattei. Il punto non viene direttamente affrontato, né mai citato, ma l’impressione è che si rimetta alla struttura burocratica, ad hoc definita, il far passare sottotraccia potenzialmente qualsiasi tipo di progetto.
Soltanto nei prossimi mesi si saprà davvero quali ambiti di intervento andrà a toccare il Piano Mattei, quali Stati del continente Africano saranno effettivamente coinvolti, con quali modalità, finalità e progetti. Ad oggi, abbiamo una costosa scatola vuota, che tuttavia già desta molte preoccupazioni.
Nota tutt’altro che marginale: mentre il ministro Tajani ha detto che tutti coloro che faranno parte della struttura di missione non rappresenteranno un onere e che i 500 mila euro stanziati sono “per i viaggi”, nelle bozze è ben chiaro che servono a pagare gli esperti (articolo 5 comma 4) e che gli oneri per la struttura di missione ammontano a 2.643.949,28 euro. Solo confusione?