Gli allarmi che nei mesi scorsi erano stati lanciati da più parti sull’autonomia differenziata vengono tutti confermati dalla lettura della sentenza della Corte costituzionale che ha sancito come l’art. 116 della Costituzione vada “interpretato coerentemente con il significato del principio di sussidiarietà, e pertanto la devoluzione non può riferirsi a materie o ad ambiti di materie, ma a specifiche funzioni”. Naufraga così l’errata interpretazione giuridica da cui il Governo si è voluto ostinatamente muovere per scrivere la normativa in materia oggi largamente giudicata incostituzionale.
La questione, come tante altre, era stata evidenziata in sede di audizioni parlamentari sulla cui utilità c’è da interrogarsi: sempre più spesso, infatti, per i parlamentari le audizioni sembrano avere un mero carattere formale, un semplice gioco delle parti senza un reale confronto di merito.
Come WWF abbiamo evidenziato in documenti, convegni e audizioni che “l’impostazione che si sta dando all’applicazione dell’art. 116 della Costituzione travalica il senso stesso delle disposizioni in questo riportate”, mentre riferendosi all’ambiente e all’ecosistema (materie che rientravano tra quelle oggetto di possibili intese con le Regioni) avevamo sottolineato come non potesse essere “neppure ipotizzato un trasferimento di competenze, ma semmai il riconoscimento di autonomia su particolari ambiti in ragione di specificità o competenze che le Regioni ritengono di poter garantire”.
Ed è esattamente quello a cui la Corte costituzionale si riferisce parlando di “funzioni”.
Rispetto alla tutela dell’ambiente, la Corte scrive che “predominano le regolamentazioni dell’Unione europea e le previsioni dei trattati internazionali, dalle quali scaturiscono obblighi per lo Stato membro che, in linea di principio, mal si prestano ad adempimenti frammentati sul territorio”.
Il WWF ha sempre ribadito come questa coerenza fosse, non solo di carattere formale normativo, ma anche sostanziale rispetto a diritti che tutti i cittadini hanno, indipendentemente dalle Regioni di appartenenza. Dietro la tutela dell’ambiente, infatti, c’è la tutela alla salute e al benessere, ci sono diritti essenziali che i Livelli Essenziali di Prestazione non avrebbero garantito specie in assenza di risorse economiche (e anche la modalità con cui è stato trattato questo aspetto è stata stigmatizzata dalla Corte).
In conclusione, la sentenza – che dovrà ora essere studiata approfonditamente – fa emergere due punti fermi: in primo luogo, la riforma Calderoli era un evidente tentativo di federalismo non dichiarato e bene ha fatto la Corte a richiamare il concetto di unitarietà di Popolo e Nazione nell’ambito della Repubblica; in secondo luogo, specificatamente alla tutela dell’ambiente, quest’ultimo rimane un valore primario e bene unitario nei termini più volte già affermati dalla Corte costituzionale.