“Più caccia per tutti” non è la soluzione, denunciano LIPU e WWF
“Decisione surreale: ciò che rappresenta il problema è spacciato come soluzione. La caccia al cinghiale amplifica i problemi, contraddice le conoscenze scientifiche e infrange la Costituzione”
Le associazioni Lipu e WWF Italia esprimono stupore e preoccupazione dopo aver appreso dell’intenzione del Ministero della Transizione Ecologica di presentare, in sede di Conferenza Stato Regioni, una proposta per affrontare la questione della peste suina Africana e della presenza diffusa del cinghiale, attraverso l’estensione a fine febbraio della caccia in braccata al cinghiale, stravolgendo la legge quadro sulla protezione della fauna.
“All’indomani delle incongrue dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Costa, il fatto che anche il Mite, che dovrebbe essere competente in materia, disconosca le evidenze scientifiche sulle conseguenze negative della braccata, desta stupore e particolare allarme”.
Le ricerche scientifiche hanno ormai unanimemente riconosciuto che i metodi e le forme collettive di caccia al cinghiale, come la braccata e la battuta, sono tra le cause principali della proliferazione, diffusione e dispersione del cinghiale in Italia. Infatti, l’uso delle mute dei cani e la totale assenza di selettività negli abbattimenti in braccata o battuta destabilizzano le dinamiche gerarchiche dei nuclei familiari di cinghiali, aumentando il numero di femmine che si riprodurrà nella stagione successiva.
Prova ne sia l’aumento del numero e dell’entità dei danni alle colture agricole, degli incidenti stradali, della mobilità dei nuclei familiari di cinghiali e della loro presenza nei centri abitati, determinato non certo dall’assenza di caccia in braccata ma, esattamente al contrario, proprio dal ricorso alla braccata e alla battuta, che letteralmente fanno “scappare” i cinghiali a causa dell’inseguimento con le mute di cani.
Per assurdo, quello che ad oggi si è rivelato il problema principale, per il Mite diventa dunque una surreale soluzione, il che è ancora più grave in presenza del problema della peste suina africana, che, almeno in teoria, è la ragione primaria dell’iniziativa assunta dal Mite.
A ciò si aggiunga il fatto che la braccata e la battuta sono metodi di caccia che esercitano un impatto forte, diretto e indiretto, su molte altre specie protette. Estendere queste pratiche a fine febbraio, in un periodo in cui varie specie si trovano già nel delicato periodo riproduttivo o di migrazione pre-riproduttiva, significherebbe arrecare ulteriori e potenzialmente gravi danni alla già sofferente biodiversità.
“La verità – concludono LIPU e WWF – è che il provvedimento proposto, che stravolgerebbe la legge 157/92, non fa altro che soddisfare le richieste del mondo venatorio, spalleggiato da alcune associazioni rappresentative di quello agricolo, capovolgendo la realtà: invece di vietare in tutta Italia queste deleterie forme di caccia, le amplifica. Ancora una volta, insomma, il Mite dimostra di prestare il fianco al mondo venatorio, dimenticando la sua missione conservazionistica, scientifica e di tutela, e contravvenendo al principio fondamentale di tutela della biodiversità, oggi tutelato anche livello costituzionale. Con queste scelte il Ministero si sta assumendo la responsabilità, non solo di non risolvere il problema della peste suina, ma anche quella di continuare a favorire l’aumento dei cinghiali e di conseguenza i danni alle colture. Se la sente davvero, il Ministero della Transizione ecologica, di assumersi questa responsabilità?”.