Commissari e 30 milioni di euro l’anno per 20 anni ai nuovi rigassificatori nel decreto Aiuti all’esame del Parlamento: il WWF chiede l’abrogazione
Così la transizione energetica non la si vuole fare: questo il commento del WWF al cosiddetto Decreto Aiuti (Decreto legge 17 maggio 2022, n. 50. “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina”), che all’art. 5 (Disposizioni per la realizzazione di nuova capacità di rigassificazione) comma 8, “Al fine di limitare il rischio sopportato dalle imprese di rigassificazione” (!) concede ben 30 milioni di euro all’anno per un periodo di 20 anni (dal 2024 al 2043) a chi realizza impianti di rigassificazione galleggianti. Costi che si andranno ad aggiungere al maggior prezzo (+30-40%) del GNL rispetto al gas via tubo e che i cittadini italiani saranno chiamati a pagare.
Nelle scorse settimane, si era fatto credere che questi impianti sarebbero stati noleggiati e usati solo per un breve periodo, contingente all’attuale situazione geopolitica, ma il testo citato evidenzia chiaramente quello che gli esperti già sapevano benissimo, cioè che queste infrastrutture per il gas non solo non si noleggiano con la semplicità di automobili, ma hanno una vita utile molto lunga, anche oltre gli stessi 20 anni menzionati. Un orizzonte temporale peraltro poco compatibile con lo stesso processo di decarbonizzazione che dovremmo seguire per contrastare il cambiamento climatico (zero carbonio netto entro il 2050): nel 2040 noi dovremmo aver dismesso gran parte delle infrastrutture fossili, non continuare a pagarne di nuove, se vogliamo tener fede agli impegni internazionali ed europei.
Secondo il WWF, il provvedimento ha altri aspetti gravi. Pur trattandosi, infatti, di impianti a rischio incidente rilevante (in normativa Seveso) si vuole autorizzarli con una procedura di valutazione di impatto super semplificata con ampio ricorso a preoccupanti deroghe. E tutto questo non per un singolo impianto, ma per un numero imprecisato di rigassificatori, dal momento che non è stato neanche preventivamente pianificato se e quanti ne servirebbero realmente al nostro Paese.
Insomma, un provvedimento sbagliato sotto tutti i punti di vista, che non solo non consente di gestire in modo efficace ed efficiente una eventuale emergenza o migliorare la sicurezza energetica del paese ma che rischia solo di tradursi in un altro sperpero di denaro pubblico pagato dalla collettività.
Il WWF si appella al Parlamento perché non solo non ampli (come chiedono adesso pure i rigassificatori esistenti) ma cancelli l’articolo in questione.
Il ragionamento va del tutto rovesciato, occorre in primo luogo pianificare la spinta eccezionale alle rinnovabili e all’efficienza energetica in tutti i settori, investendo anche nel sistema che massimizza i risultati (reti intelligenti, interconnessioni, i sistemi di accumulo, ecc.). Così si ottengono i migliori risultati nel tempo più breve e a costi inferiori. Poi si dovrebbe cercare di sfruttare al massimo le infrastrutture per il gas esistenti. E solo dopo, se mai dovesse servire, porsi il problema di nuove opere, cosciente che queste si trasformeranno molto presto in stranded asset (investimenti destinati a perdere valore) che non possiamo continuare a pagare molto profumatamente.
Il WWF rileva anche che, nonostante la straordinaria celerità con cui si sono nominati i primi due Commissari per i rigassificatori (i Presidenti delle Regioni Toscana ed Emilia Romagna), il mandato a Snam è stato dato addirittura prima del decreto: addetti che operavano per conto della società, infatti, erano già sui luoghi di localizzazione previsti per prendere contatti con la popolazione (per esempio a Piombino) sul percorso previsto. Il Parlamento quindi dovrà anche stabilire la validità di assegnazioni e incarichi dati prima di fare le norme.