Greenpeace, Legambiente e WWF indicano la strada da percorrere: bisogna eliminare tutti gli oneri di sistema impropri dalle bollette elettriche e investire davvero nelle fonti rinnovabili
Per Greenpeace, Legambiente e WWF la proposta del Ministro Cingolani di ridurre le bollette dei consumatori attraverso una maggiore estrazione di gas fossile “nazionale” è senza senso e logica, e davvero poco lungimirante. Le riserve certe di gas nel territorio italiano (fonte UNMIG), infatti, sono pari a 45,8 miliardi di Sm3(Standard metri cubi) di cui il 55% si trova nel sottosuolo (prevalentemente nel sud Italia) e la restante parte nei fondali marini (lungo la costa adriatica e in parte nello Ionio e nel canale di Sicilia). Attualmente vengono estratti circa 4,5 miliardi di metri cubi di gas dai pozzi esistenti ed attivi nel nostro territorio. A questo ritmo estrattivo nell’arco di 10 anni avremo finito le nostre riserve certe attualmente conosciute e si dovrebbero andare a investigare meglio quelle che attualmente sono definite “riserve probabili di gas” che ammontano a 45,9 miliardi di Sm3.
Quantità, sia che si parli di riserve certe che di probabili, irrisorie rispetto all’attuale fabbisogno di gas del nostro Paese che è il vero problema da risolvere in tempi rapidi e in maniera sistemica. È, infatti, di oltre 72 miliardi di Sm3 il fabbisogno di gas dell’Italia. Una cifra che, anche se andassimo ad estrarre tutte insieme le riserve certe di gas dal nostro territorio, ci renderebbe indipendenti per poco più di 7 mesi (agonia che si protrarrebbe fino a 15 mesi se includessimo anche tutte le riserve probabili). Senza considerare gli impatti ambientali che le estrazioni di gas comportano (come l’incremento della subsidenza nell’area costiera dell’alto Adriatico) o i costi connessi alle attività estrattive e di distribuzione. C’è infine da considerare che comunque il prezzo del gas non lo fa il Paese in cui si estrae o chi lo estrae, in un’economia di mercato, né è detto che tutto il gas estratto andrebbe sul mercato italiano.
“Questi numeri dimostrano chiaramente – spiegano Greenpeace, Legambiente e WWF – che per intervenire sulle bollette dei nuclei familiari è necessario intraprendere strade e percorsi del tutto diversi da quelli menzionati dal Ministro Cingolani. Due le strade da seguire, in parallelo, se davvero si vogliono aiutare le famiglie ad abbattere i costi in bolletta. Da una parte eliminare tutti gli oneri di sistema impropri dalle bollette elettriche, anch’esse soggette a continui aumenti. Dall’altra è necessario e doveroso proprio intervenire su quella componente che determina l’andamento del costo delle utenze, ovvero la componente energia. In altre parole, è urgente e obbligatorio investire nelle fonti rinnovabili, non solo attraverso le comunità energetiche, ma anche nei grandi impianti. Inoltre, occorre strutturare politiche di efficienza energetica, da qui al 2030, in grado di portare tutti gli edifici, residenziali e non, a ridurre i consumi di almeno il 50%, in linea anche con le proposte europee.
In tutti questi anni in cui si è commesso l’errore di non investire con determinazione sulle fonti rinnovabili- sottolineano le associazioni– i continui aumenti delle bollette hanno ampiamente dimostrato che sotto accusa va messa proprio la componente energia, ovvero la materia prima di approvvigionamento. E il gas nel nostro Paese gioca decisamente il ruolo del leone. In questi anni, però, si sono registrate importanti riduzioni dei consumi di gas fossile. Grazie non solo ad inverni meno rigidi, ma anche grazie al contributo delle fonti rinnovabili che oggi coprono il 38% dei consumi elettrici nazionali, ma anche al miglioramento del parco edilizio. Infatti, mettendo a confronto la situazione di appena 10 anni fa, prendendo i consumi del biennio 2010/2011 e del 2019/2020, non solo si registra una riduzione delle importazioni del 9,5%, passando da 65,9 milioni di tep a 59,6, ma anche della produzione nazionale che si riduce del 44%. Con un consumo interno lordo che passa dai 65 Mtep media nel primo biennio, a 59,6 con una riduzione dei consumi del 9,5%.
Una riduzione dei consumi, compensata però in questi anni, proprio con gli aumenti della componente energia delle bollette gas di questi anni. Basti pensare che il costo per l’approvvigionamento di energia è passato 20,36 centesimi di euro a metro cubo nel primo trimestre del 2021, a 53,34 centesimi a mc in questo ultimo trimestre. Mentre tutte le altre voci di commercializzazione e trasporto sono rimaste sostanzialmente invariate mentre sono diminuiti oneri di sistema e imposte. Dal 2016 ad oggi, al periodo pre pandemico, primo trimestre 2019, il costo per l’approvvigionamento energetico era passato da 24,29 centesimi di euro a mc a 32,19, il picco più alto mai raggiunto dal 2016. Il secondo dopo quello di questo ultimo trimestre.