L’appello delle ONG ambientaliste in vista del Consiglio europeo Agricoltura e Pesca
In vista del Consiglio “Agricoltura e pesca” dell’UE di questo mese (AgriFish), le ONG ambientaliste esprimono estrema preoccupazione nei confronti di Francia, Spagna e Italia, dove alcuni giochi politici rischiano di seppellire tutte le speranze rimaste per salvare la pesca del Mediterraneo occidentale.
Afflitta da una pesca eccessiva inaccettabile – 2,71 volte superiore a livelli sostenibili della politica comune della pesca (PCP) – la crisi degli stock ittici nel Mediterraneo occidentale potrà essere risolta solo applicando le raccomandazioni scientifiche, adottando misure drastiche riguardo la pesca eccessiva e proteggendo gli habitat chiave, che sostengono la ripresa degli stock. Ciò richiede la combinazione di una riduzione dello sforzo di pesca attraverso limiti di cattura adeguatamente assegnati, l’adozione delle migliori misure disponibili per incrementare la selettività degli attrezzi e il divieto di catturare giovanili sotto-taglia (come griglie, T90 e maglie del sacco di dimensioni maggiori), oltre a misure di gestione spaziale, in particolare l’istituzione di aree chiuse alla pesca, per proteggere habitat sensibili come le zone di crescita e di riproduzione degli stock ittici. Nel complesso, quello che serve è un piano chiaro per una transizione del settore della pesca a strascico.
“Nel 2019, Spagna, Francia e Italia si sono impegnate a raggiungere la sostenibilità delle attività di pesca nel Mediterraneo occidentale entro il 2025, ritardando di cinque anni l’obbligo di sostenibilità fissato dalla PCP per il 2020- dichiarano insieme le ONG-. Oggi gli scienziati stanno lanciando l’allarme: nessuno degli scenari di gestione valutati porterà alla fine della pesca eccessiva e al raggiungimento della sostenibilità entro il 2025, a meno che quelle stesse nazioni non adottino una riduzione più drastica dello sforzo (pressione) di pesca. Per evitare che Francia, Italia e Spagna continuino a mettere a repentaglio impunemente il futuro della pesca nel Mediterraneo e le migliaia di cittadini dell’Ue che da questa dipendano per il proprio sostentamento, chiediamo alla Commissione Europea di agire con misure di emergenza, prima che sia troppo tardi”.
Le ONG sono sensibili al potenziale impatto socio-economico che queste misure comporterebbero. L’attuazione a livello nazionale dovrebbe includere piani di sostegno alla transizione da implementare nell’ambito dell’attuazione del piano pluriennale del Mediterraneo occidentale (MAP), con chiari incentivi per le migliori pratiche ambientali e sociali (come richiesto dall’articolo 17 della PCP), per arrivare a un piano di gestione moderno che adotti anche modelli bio economici nei processi decisionali, con l’obiettivo di ridurre al minimo l’impatto socio-economico, rispettando allo stesso tempo gli obiettivi del MAP.
L’obbligo di sbarco introdotto dalla PCP non è stato rispettato e non sono state adottate misure di selettività, le aree chiuse alla pesca sono troppo poche e sono troppo piccole, mentre lo sforzo di pesca è ancora elevato. Questo lo affermano non solo i gruppi ambientalisti, ma anche gli scienziati, tra cui il Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP), l’organismo scientifico della Pesca della Commissione Europea.
Il tempo stringe e il collasso degli stock ittici potrebbe presto diventare una dura realtà nel Mediterraneo. In alcune aree del Mediterraneo, il nasello Europeo viene pescato a livelli più di 8 volte superiori a quelli sostenibili, triglie e gamberi blu e rossi oltre 6 volte, con conseguente riduzione delle catture e caduta dei pescatori in turbolenze economiche.
Il Consiglio UE AgriFish del prossimo dicembre è l’ultima opportunità per dimostrare leadership politica attenendosi al piano pluriennale del Mediterraneo occidentale del 2019.
Questo sarebbe un momento difficile se non sapessimo cosa fare, ma non è così, davanti a noi esistono soluzioni collaudate: fra queste la drastica riduzione dello sforzo di pesca combinata con l’applicazione e l’adozione su larga scala della selettività, insieme all’introduzione di una rete più ampia di aree chiuse alla pesca, il tutto accompagnato da un sostegno transitorio alle comunità costiere. Francia, Spagna e Italia non possono più ignorare la scienza, minare la credibilità della PCP e dell’UE e portare gli stock ittici del Mediterraneo occidentale, e oltre al futuro delle comunità di pescatori che da questi dipendono, al collasso.