I veri predatori siamo noi e mettiamo a rischio anche la nostra salute
L’Italia è il terzo più grande importatore al mondo per i prodotti di carne di squalo, alimentando un commercio e una pesca eccessiva globale che hanno portato il 37,5% delle specie di squali e razze a livello mondiale a rischio di estinzione
Evitare il consumo di queste carni fa bene alla salute umana tanto quanto agli ecosistemi marini
Specie tanto temute quanto importanti per gli equilibri dei nostri mari, squali e razze hanno un ruolo cruciale per l’ecosistema marino. La loro presenza mantiene le reti alimentari marine in equilibrio e contribuisce indirettamente anche alla lotta al cambiamento climatico. Purtroppo l’essere umano è il principale predatore di queste specie, tanto che il consumo di carne di squalo sembra essere aumentato a livello globale, raddoppiando dagli anni ’90, a discapito della salute dei mari e anche della nostra. Secondo il Food Balance Sheet della FAO, nel 2017 circa il 3% del consumo totale pro capite di prodotti di pesca e acquacoltura è composto da squali e razze. Ma come ricorda il WWF, lo squalo non dovrebbe essere parte della nostra dieta, né la nostra sicurezza alimentare dipende dalle sue carni, almeno non in Europa. A seguito del lancio del report “SafeSharks e Medbycatch: tutelare gli squali per salvare il Mediterraneo” il WWF, nell’ambito delle sue campagne Food4Future e GenerAzione Mare, apre un focus sul ruolo del consumatore italiano e su quanto sia semplice dare un contributo alla salvaguarda di specie così preziose per i nostri mari, tutelando allo stesso tempo la nostra salute.
Nel mondo, ogni anno vengono uccisi fino a 100 milioni di squali e razze tanto che alcune popolazioni sono declinate del 95%: oggi il 37,5% delle popolazioni di squali e razze nel mondo è a rischio di estinzione, con gravi conseguenze su tutto l’ecosistema marino. Ma la sopravvivenza di queste specie a livello globale, è minacciata soprattutto dalle abitudini di consumo e dalla elevata richiesta di carne di squalo, che alimenta un mercato globale di cui l’Italia è protagonista, spesso poco trasparente e tracciabile. Tra il 2009 e il 2021, l’Italia è risultata essere il terzo più grande importatore di prodotti di squalo a livello globale, con circa 98mila tonnellate di prodotti di squalo importati, di cui 1712 tonnellate di pinne, per un valore totale di circa 377 milioni di USD (di cui circa 9 milioni USD per le pinne). In Italia, la maggior parte delle importazioni proviene dalla Spagna, con 53mila tonnellate di prodotti di squalo importati dai nostri vicini tra il 2009 e il 2021.
La scomparsa degli squali dal nostro ecosistema potrebbe avere drastiche conseguenze sull’intera catena alimentare e su alcuni servizi ecosistemici che il Mediterraneo ci fornisce, danneggiando quindi anche il nostro stesso benessere. La nostra vita, e il nostro stile di vita, dipendono quindi anche dalla salute degli squali. Sì, perché uno dei rischi principali per la salute umana che può derivare dal consumo di squali e razze è legato alla contaminazione chimica delle loro carni, che possono contenere ad esempio metalli pesanti, inquinanti organici persistenti (POP) perfino plastiche. Ad esempio, la verdesca è fortemente impattata dai rifiuti che finiscono in mare. Nelle sue carni sono stati rilevati livelli di mercurio e di composti organici alogenati al di sopra di quelli consentiti dall’Unione europea per i prodotti ittici. Nello squalo smeriglio sono state trovate significative quantità di microplastiche, di contaminanti organici persistenti (PCB, PBDE) e di metalli pesanti (come il mercurio, piombo e nichel), un problema questo della contaminazione che si aggiunge alla pesca eccessiva e che potrebbe aggravare la situazione per una specie considerata “in pericolo critico” dalla IUCN (Unione mondiale per la Conservazione della Natura), sia nell’Atlantico nord orientale sia nel Mediterraneo. Il WWF consiglia a tutti i consumatori di evitare il consumo di squali e razze e a tal fine familiarizzare con i nomi comuni delle specie, leggere attentamente le etichette e non acquistare mai prodotti privi di adeguata etichettatura.
“Gli squali sono i ‘guardiani del mare’ perché svolgono un ruolo chiave nel mantenere l’equilibrio della rete alimentare marina. Devono perciò essere tutelati e trattati con cura e rispetto, e non dovrebbero essere mangiati! Anche perché oltre ad essere a rischio di estinzione possono essere un problema anche per la nostra salute essendo specie spesso molto contaminate da sostanze tossiche– afferma Giulia Prato, Responsabile Mare del WWF Italia-. È necessario porre un limite alla pesca eccessiva di squali e razze e al loro commercio massivo a livello globale evitando di acquistare carne di squalo e prodotti derivati ma anche formando pescatori, commercianti e autorità deputate al controllo sull’identificazione delle specie e la legislazione vigente, ed esigendo un’etichettatura corretta e più trasparente non solo per salvaguardare la sopravvivenza degli squali, ma anche per tutelare la salute umana”.
Nell’ambito del progetto SafeSharks è stato realizzato un inventario di prodotti e rivenditori di carne di squalo lungo le coste Italiane (in particolare sulle province di Bari, Brindisi e Lecce) per valutare il rischio di etichettatura sbagliata. Solo il 35,7% delle pescherie esponeva etichette con il nome scientifico e/o nome comune dello squalo, mentre nessun banco nei mercati aveva etichette e in più, spesso le specie erano confuse tra loro. Squali e razze vengono spesso venduti senza la pelle, oppure in tranci e filetti, e per i consumatori è difficile rendersi conto di cosa stiano acquistando. A ciò si aggiunge il problema delle frodi alimentari. La più comune riguarda proprio la verdesca venduta spesso come pesce spada. In un recente studio è stato scoperto che su 80 campioni prelevati da venditori al dettaglio e grossisti di diverse tipologie, in ben 32 casi la verdesca e lo squalo mako venivano commercializzati come pesce spada. Il consumatore rischia quindi di mangiare carne di squalo non solo per ignoranza, ma anche per frode.
“Per evitare di consumare uno squalo è importante controllare attentamente le etichette del pesce che, per legge, deve essere tracciabile ed etichettato. Inoltre è importante che tutti consumatori comincino a familiarizzare con la nomenclatura delle diverse specie: verdesca, gattuccio e palombo sono tutte specie di squali– raccomanda Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità di WWF Italia-. E’ indispensabile evitare l’acquisto dei prodotti senza etichetta, o con etichettatura incompleta, che non possano essere né identificati né tracciati. E ricordarsi che lo squalo purtroppo non è presente solo al supermercato o dal pescivendolo, ma anche come ingrediente di molti prodotti di bellezza comuni o integratori alimentari, sotto il nome di “squalene”, una sostanza estratta dal fegato dello squalo.”
Il WWF ha lanciato un monito ai consumatori perché nelle proprie scelte di prodotti ittici si faccia sempre attenzione all’importanza della trasparenza delle etichette.