Nel primo Earth Day senza Papa Francesco risuonano con ancora più forza le parole che il pontefice ha rivolto nella sua Esortazione Laudate Deum, rivolgendosi a coloro che detengono il potere e rischiano di essere «ricordati per la loro incapacità di agire quando era urgente e necessario farlo». Una vera e propria chiamata all’azione, in ambito globale che va dal rendere efficace il multilateralismo all’importanza di cambiare gli stili di vita dei singoli e delle famiglie. Papa Bergoglio si è sempre schierato nettamente a favore della transizione energetica ed ecologica, una transizione giusta, che può imprimere una svolta all’azione climatica e tutelare le persone. Le sue parole «Dobbiamo superare la logica di apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di fare cambiamenti sostanziali», risuonano estremamente attuali, perché, anche oggi, mentre si celebra la Giornata Mondiale della Terra, i numeri descrivono una situazione drammatica per il nostro pianeta che è stretto nella morsa della crisi climatica e di quella di natura.
Solo per fare alcuni esempi, mentre in tutto il mondo si celebra la Terra, anche oggi sono stati distrutti 13 mila ettari di foreste, anche oggi sono rimasti intrappolati più di 800 cetacei negli attrezzi da pesca fantasma, anche oggi abbiamo emesso circa 102 milioni di tonnellate di CO2.
I dati evidenziati dal WWF sono già di per sé impressionanti e se moltiplicati per i 365 giorni di un anno diventano immensi: vuol dire produrre impatti giganteschi per il pianeta che, attraverso i servizi ecosistemi, ci fornisce aria, acqua, cibo, tutto quello, insomma, che è indispensabile alla vita.
Le emissioni globali di anidride carbonica (CO2) continuano a crescere di anno in anno: nelle proiezioni per il 2024 hanno raggiunto un nuovo record, assestandosi a 37,4 miliardi di tonnellate. La natura, da sola, non riesce ad assorbire tutta la CO2 che emettiamo: negli ultimi 10 anni solo il 54% della CO2 prodotta dall’uomo è stato assorbito dalla natura, mentre la parte restante, il 46% (!) si è accumulata in atmosfera incrementando l’effetto serra.
La condizione di habitat fondamentali per la nostra sopravvivenza è fortemente minacciata: ben 4,7 milioni di ettari di foresta vengono persi ogni anno. In Amazzonia non siamo molto lontani dal cosiddetto “Tipping Point”, ovvero dal punto di non ritorno in cui uno degli organi naturali del pianeta non riuscirà ad auto-rigenerarsi. Per quanto riguarda le foreste tropicali, ben il 90% dei casi di deforestazione è legato all’allevamento di bestiame e all’agricoltura.
Non va meglio per gli oceani, ormai invasi dalla plastica e “pericolosi” per le specie marine. Il problema degli attrezzi da pesca dispersi o abbandonati ha un impatto enorme sugli animali e sugli ecosistemi, con oltre 300.000 cetacei che muoiono intrappolati negli attrezzi da pesca ogni anno. Un numero impressionante ma probabilmente sottostimato dal momento che la gran parte dei casi di intrappolamento non viene direttamente osservata o non viene segnalata. Si stima del resto che tra le 500.000 e 1 milione di tonnellate di attrezzi fantasma (vere trappole mortali per i cetacei e non solo per loro) vengano disperse ogni anno in tutti gli oceani e mari del mondo.
Ormai siamo in un “mare di plastica”. Basti pensare che solo nel nostro Mediterraneo ne vengono rilasciate 630 tonnellate al giorno. Ma non va meglio per l’inquinamento da pesticidi: in un solo giorno se ne usano fino a 11 mila tonnellate. Anche a causa di questa carrellata di impatti stiamo mettendo a rischio le specie che insieme a noi popolano questo nostro pianeta: come ha evidenziato l’ultimo Living Planet Report pubblicato dal WWF, infatti, negli ultimi 50 anni è stato registrato un calo catastrofico del 73% della dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici monitorati.
Dati drammatici, insomma, di fronte ai quali non è più possibile girarsi dall’altra parte. Non c’è mai stata una forbice così ampia tra la conoscenza di un problema (e delle sue soluzioni) e la capacità di muoversi all’azione: il rischio è che in pochi anni si estingua la vita per come la conosciamo, con drammatiche conseguenze sulla salute e sulla sicurezza delle persone oltre che sulla nostra economia. Preoccupazione che sembra ben lontana dalle priorità dei decisori politici e delle scelte degli attori economici che caratterizzano questo particolarissimo periodo storico.
L’Europa (e quindi l’Italia) è al centro della crisi. I dati del Rapporto 2024 sullo Stato del Clima, resi noti dal Servizio Cambiamento Climatico di Copernicus e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, non lasciano spazio a dubbi: dalle alluvioni che hanno coinvolto mezzo milione di persone causando 335 morti, alle ondate di calore del 60% superiori alla media, fino agli incendi forestali che hanno sconvolto la vita di almeno 42 mila persone.
Giusto celebrare la Terra, quindi, ma è arrivato il momento di usare un tono di voce diverso dal consueto per dare forza al grido d’allarme che arriva proprio da tutti gli indicatori che descrivono lo stato di salute del pianeta. La crisi climatica e quella di natura di cui stiamo subendo in modo progressivamente più drammatico gli effetti, riguardano tutte le specie. Anche quella umana che è quella che ha più da perdere ma che può, ancora, invertire la rotta. Allora perché non agire subito?
Dedicare un solo giorno al nostro pianeta non basta. La Terra va protetta ogni giorno.