Occorre una seria politica per la vera transizione energetica
Perdere tempo davanti alla crisi climatica è imperdonabile
Nel corso dell’incontro annuale di Cernobbio, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha annunciato la convocazione di una piattaforma di esperti sul nucleare cosiddetto sostenibile, una definizione di per sé insostenibile. L’uscita del ministro fa seguito al forcing del Ministro Salvini, il quale si diceva pronto anche a invadere le competenze non sue.
L’Italia non può permettersi di perdere tempo e fondi per riaprire la discussione sul nucleare. Gli investimenti delle agenzie pubbliche sulla ricerca sul nucleare sono già molto ingenti e probabilmente superano largamente quelli sulla ricerca sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica, le vere energie del futuro, come tutti riconoscono; i problemi di sicurezza, delle scorie e di economicità della fissione nucleare non sono stati superati, la fusione nucleare non arriverà prima di 30 anni, cioè arriverà a transizione completata: questo il commento del WWF all’intenzione, manifestata dal Ministro Pichetto, di avviare il lavoro di una piattaforma sulla ricerca sul nucleare.
Il mondo si è accorto che le nuove fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, sono le più vantaggiose sotto tutti i punti di vista e la loro capacità cresce rapidamente. In Italia, invece, la velocità è molto inferiore a quella necessaria (almeno 9 GW anno) e le spinte vengono tutte dai cittadini e dalle imprese, che hanno capito dove risiede il futuro e la sicurezza e indipendenza energetica.
Del decreto per rendere operative le Comunità Energetiche Rinnovabili non si hanno notizie dal febbraio scorso, con varie scuse – pare a maggio fosse stato inviato all’indirizzo sbagliato a Bruxelles per l’ok sui finanziamenti europei – che peggiorano la situazione; la bozza di decreto sulle aree idonee, arrivata dopo un’attesa lunghissima, è scritta per rendere tali aree ingestibili, tant’è che Elettricità Futura (associazione di Confindustria delle aziende del settore elettrico) dice che per gli operatori diventa più “rapido” chiedere permessi per le aree senza “corsia preferenziale”, il che è tutto dire, visti i tempi biblici.
Cui prodest? Perdere tempo fa comodo al gas, un combustibile fossile che emette sì un po’ meno CO2 del carbone, di cui dobbiamo liberarci entro il 2025, ma che è la maggior fonte di gas serra per il nostro Paese perché viene usato largamente. È stato adoperato come energia di transizione per attendere lo sviluppo delle rinnovabili, ma deve essere superato e la crisi climatica ci dice che questo deve avvenire rapidamente: invece in Italia si continua a investire e a pagare l’uso dei fossili, dalle navi rigassificatrici che pagheremo sino al 2043 e che già durante la crisi si sono dimostrate inutili, ai pesanti sussidi ambientalmente dannosi (22,4 miliardi di euro l’anno secondo il Catalogo dei sussidi ambientali 2022) e alla costosissima e fallimentare Cattura e Stoccaggio del Carbonio (CCS), su cui punta anche SNAM.
In relazione a quanto sopra, sembra ancor di più inaccettabile che la proposta di aggiornamento del PNIEC, recentemente trasmessa dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica alla Commissione europea, inserisca il settore nucleare tra gli ambiti tecnologici e le linee di azione prioritarie al 2030, specificando che esistono “grandi potenzialità” per l’Italia per contribuire al rilancio dell’energia nucleare in Europa e nel mondo e assegnando alle tecnologie nucleari un ruolo importante nella transizione energetica verso la neutralità climatica. Il WWF e le altre organizzazioni ambientaliste hanno già ampiamente dimostrato che il nucleare non conviene, è costoso e pericoloso. In particolare, il WWF ha pubblicato un documento in cui risponde ai molti luoghi comuni messi in giro dalla propaganda nuclearista (Consultabile qui). Sui piccoli reattori di cui tanto si parla, per esempio, si evidenzia i prototipi attuali non hanno risolto, ma aggravano i problemi del nucleare, come diversi studi testimoniano: impianti di più contenute dimensioni non diminuiscono affatto la quantità complessiva dei rifiuti radioattivi prodotti che va rapportata alla capacità di generazione elettrica, ossia per sostituire ad esempio un EPR da 1.600 MW con gli SMR occorrerebbe realizzarne oltre 5.
Peraltro, i pochi impianti costruiti negli ultimi decenni nel continente europeo sono stati tutti fallimentari sul piano dei costi e dei tempi. La centrale di Olkiluoto 3, in Finlandia, era stata progettata nel 2000, i lavori sono iniziati nel 2005 e la prima produzione è iniziata nel marzo del 2022; il costo è stato di circa 9 miliardi di euro, invece dei 3,2 stimati all’inizio. Per la centrale di Hinkley Point C (…), nel Regno Unito, mentre già si annunciano i soliti ritardi, il costo è lievitato a 25-26 miliardi disterline, il 50% in più del budget originario del 2016.
Infine, c’è il problema dell’uranio. Proprio nei mesi scorsi negli USA si è scoperto che le imprese statunitensi pagano circa 1 miliardo di dollari all’anno all’agenzia nucleare russa Rosatom e alle sue sussidiarie per comprare l’uranio arricchito. Un vincolo di dipendenza energetica di cui il nostro Paese, che dovrebbe già affrancarsi dal gas, non ha certo bisogno.