Un dossier del WWF sulle coste italiane, minacciate dal cemento
Le coste italiane (circa 7.500 km) sono la porzione di territorio che, negli ultimi 50 anni, ha subito le maggiori trasformazioni. Il 51% dei paesaggi costieri italiani (circa 3.300 km) sono stati trasformati e degradati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie. Appena 1.860 km (il 23%) di tratti lineari di costa più lunghi di 5 km nel nostro Paese, isole comprese, possono essere considerati con un buon grado di naturalità.
Installazioni industriali, espansione urbana e strutture turistiche, deforestazione e rasatura delle dune costiere hanno alterato quasi interamente il profilo del nostro litorale. A questi impatti diretti si è aggiunta l’erosione delle spiagge, fenomeno naturale esacerbato delle attività umane. Cambiamento climatico, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando invece gli ecosistemi marini.
Eppure gli ecosistemi costieri in salute svolgono un ruolo cruciale nel contesto del cambiamento climatico: le praterie di Posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impatti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano quindi l’erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio.
È quanto denuncia il WWF con il nuovo “Dossier Coste, il profilo fragile dell’Italia” lanciato in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani e che inaugura l’avvio della Campagna GenerAzioneMare 2022.