Preoccupate che dall’accordo tra il Ministro dell’Agricoltura e le Regioni sull’applicazione della nuova Pac 2014 – 2020 (Politica agricola comune) non emerga una vera strategia, una visione di futuro dell’agricoltura italiana, ma solo un accordo orientato alla difesa di interessi consolidati legati ai sussidi europei, le Associazioni di tutela ambientale e dell’agricoltura biologica (AIAB, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, FAI, Federbio – Upbio, FIRAB, Italia Nostra, Legambiente, LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano, Pro Natura, Società Italiana Ecologia del Paesaggio, WWF) tornano a chiedere la definizione, da parte del Governo e Regioni, di un quadro strategico di riferimento per l’agricoltura italiana nel periodo 2014 – 2020, in grado di cogliere le poche novità positive introdotte da una deludente riforma della politica agricola comune europea. L’agricoltura italiana , rischia così di perdere il treno della competitività e della sostenibilità.
“Nell’accordo tra Ministero e Regioni sembra prevalere solo il mantenimento di privilegi acquisiti, lasciando poche speranze a chi si attendeva con la riforma una svolta nella gestione dell’agricoltura europea ed italiana” ha dichiarato la portavoce del tavolo Maria Grazia Mammuccini.
Non si procede ad un vero riequilibrio tra Regioni, il greening sarà calcolato in percentuale dei pagamenti diretti percepiti e non con un premio uguale per tutti; ai pagamenti accoppiati si applicherà la percentuale massima consentita (15%) non per obiettivi territoriali, di aumento del biologico, di conservazione della biodiversità o sociali, ma solo per compensare chi più perderà risorse; pagamenti ridistributivi al 5% per evitare ogni riduzione progressiva sopra i 150 mila euro. Inoltre, adozione del regime piccoli agricoltori, niente dal 1° pilastro alle aree svantaggiate, niente flessibilità tra 1° e 2° pilastro. A questo punto per completare le decisioni che competono agli Stati membri resta solo da decidere chi saranno gli agricoltori attivi.
Le 14 Associazioni avevano posto nel novembre scorso all’attenzione del Ministro alcune scelte di ordine generale che ritenevano prioritarie, come l’applicazione della percentuale massima consentita per la modulazione dal primo al secondo pilastro (15%) per aumentare le risorse per i progetti concreti per agricoltori e territorio rurale
Si attendevano inoltre decisioni importanti per lo sviluppo dell’agricoltura biologica attraverso la definizione di un Programma Operativo Nazionale per perseguire l’obiettivo del 20% della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) nazionale, considerato che il modello biologico oggi rappresenta il miglior investimento di risorse pubbliche per creare occupazione e migliorare il nostro ambiente.
Adesso le 14 Associazioni possono confidare solo nel Programma nazionale della Rete Rurale Nazionale, e chiedono per questo un maggiore coinvolgimento del partenariato sociale ed economico, in particolare per i temi legati alle sfide ambientali della PAC, all’agricoltura biologica e alla ricerca e promozione delle buone pratiche e scambio di esperienze. Diventa inoltre indispensabile lavorare su una strategia integrata tra il livello nazionale e quello regionale per l’innovazione e per la promozione di PEI (partenariati europei per l’innovazione) dedicati alle due priorità ambientali dello sviluppo rurale (Preservare e migliorare ecosistemi collegati all’agricoltura e Transizione verso una “low carbon economy”). Le Associazioni chiedono inoltre che venga rapidamente adottato il Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei fitofarmaci. Esiste infatti una stretta relazione tra questo piano e la definizione delle misure agroambientali della nuova programmazione dello Sviluppo Rurale da parte delle Regioni.
Alle Regioni le 14 Associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica chiedono nuovamente un’incontro e l’impegno per sottoprogrammi regionali dedicati all’agricoltura biologica, per incentivare la nascita di filiere del biologico, dalla produzione alla trasformazione e commercializzazione, e favorire la nascita di biodistretti in particolare in aree vocate e a elevato valore naturale o siti Natura 2000.
Le Regioni devono infine prevedere per l’attuazione dei propri PSR (Programmi Sviluppo Rurale) l’utilizzo degli accordi agro-ambientali d’area tematici dedicati alla conservazione della biodiversità, alla gestione delle risorse idriche e per l’adattamento ai cambiamenti climatici.