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Bonn si scalda per l’Italia fuori dal carbone

Pubblichiamo l’articolo di Mariagrazia Midulla, Responsabile clima ed energia del WWF Italia,  che potete leggere integralmente su Lastampa.it >>> Dopo che 6 paesi su 7, al G7 a presidenza italiana, hanno tenuto duro sull’Accordo di Parigi, un altro…

Pubblichiamo l’articolo di Mariagrazia Midulla, Responsabile clima ed energia del WWF Italia,  che potete leggere integralmente su Lastampa.it >>>

Dopo che 6 paesi su 7, al G7 a presidenza italiana, hanno tenuto duro sull’Accordo di Parigi, un altro momento di visibilità internazionale, in positivo, per il nostro Paese. Gli osservatori stranieri sanno che per ora si tratta di una promessa, che vanno adottati tutti i passi normativi perché diventi realtà. Pure, qui a Bonn di carbone si discute molto: è il combustibile fossile piu’ inquinante, a piu’ alte emissioni di CO2, su cui si investe meno che in passato anche in Paesi tradizionali grandi consumatori, come la Cina. E’ anche il primo combustibile fossile il cui uso deve terminare presto, se vogliamo perseguire davvero l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di rimanere entro 1,5 gradi centigradi di riscaldamento globale. Per questo, i Paesi meno dipendenti dal carbone devono iniziare a fare la loro parte, cioe’ a fissare una data di uscita, il piu’ presto possibile, anche per avere le carte in regola per dialogare con i grandi consumatori.

Devo dire che il WWF ha avuto nei ministri Galletti e Calenda un ascolto attento e molto reattivo. Non la pensiamo sempre allo stesso modo sul percorso per decarbonizzare l’Italia, specie sul ruolo del gas, e come WWF riteniamo ancora timido anche l’approccio all’azzeramento delle emissioni. La Strategia Energetica Nazionale non e’ stata pensata con una traiettoria a lungo termine di azzeramento delle emissioni al 2050, in modo da adeguare le tappe intermedie (come il 2030) a tale obiettivo. Pure, sono stati fatti progressi significativi e il phase out del carbone per la produzione di energia elettrica (e speriamo non solo) e’ un grande passo in avanti, specie accoppiata al 55% di rinnovabili nel settore elettrico. Il tono un po’ ultimativo del ministro Calenda nella conferenza stampa sappiamo essere parte del suo carattere: pero’ non abbiamo intenzione di fare sconti sulla necessita’ di capire come limitare al massimo le infrastrutture del gas.

Oggi che la transizione e’ iniziata, investire in un combustibile fossile, benche’ un po’ meno inquinante del carbone, vorrebbe dire condannarsi a una dipendenza difficile da eliminare; soprattutto, che finirebbero per pagare i consumatori, per di piu’ senza ritorno. Non e’ nostro costume dire no per partito preso: ma occorre definire bene le esigenze, e poi fare le liste. Anche perche’ piu’ rinnovabili vuol dire meno fabbisogno non solo di carbone, ma anche di gas, con vantaggi indubbi anche dal punto di vista della dipendenza energetica.
Da domani il WWF e’ determinato a fare in modo che quello che nella brochure sulla SEN viene descritto come un “impegno politico” diventi realta’: lo dobbiamo a tutti quei cittadini che in questi anni si sono battuti contro il carbone, a coloro che ne hanno subito le conseguenze sulla propria salute, ai gruppi e alle associazioni che con noi hanno chiesto la fine del carbone.  Abbiamo elaborato rapporti e commissionato studi per consigliare le misure da prendere, non solo detto no: si puo’ indicare un carbon floor price nazionale, vale a dire un prezzo aggiuntivo per le emissioni di CO2 da aggiungere a quello, attualmente troppo basso, dello schema ETS della UE; si puo’ stabilire un limite di emissioni, in modo da tagliare fuori i combustibili che emettono troppo CO2 e le centrali inefficienti. Ora vorremmo vedere una politica che persegue quello che decide. Molti dubbi dobbiamo ancora chiarirci, e metteremo la SEN tra le letture serali dei prossimi giorni. Per intanto, siamo certi che sentiremo ancora parlare dell’impegno italiano di uscita dal carbone (“Phase out” in inglese)  qui a Bonn. 
 

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