Maglia nera a 5 regioni (Veneto, Toscana, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo) per calendari e leggi contrarie a norme europee
Si chiude un altro anno nero per la caccia: è questo è il commento del WWF in occasione della chiusura della stagione venatoria. Secondo l’Associazione del panda quest’anno si è di nuovo scatenano un mix micidiale contro la fauna selvatica che appesantisce il già gravoso bilancio delle doppiette: specie protette e preziose prese di mira, Regioni che reiterano calendari venatori e leggi contrari alle norme europee tra cui Veneto, Toscana, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo e molte altre che non hanno brillato per correttezza (tra le quali Sicilia, Calabria, Campania). Ad aggravare la situazione, un controllo del territorio sempre più indebolito, soprattutto a seguito della riforma in materia di Polizia Provinciale che ha visto lo smembramento delle strutture esistenti, con perdita di decine tra i migliori Agenti e Ufficiali in tema di crimini contro la natura e la fauna selvatica, situazione che ha creato inevitabilmente un varco in cui i reati connessi al bracconaggio si innesteranno più facilmente.
La cartina di tornasole è data dall’impennata di ricoveri di animali protetti nei centri di recupero che, come accade ogni anno, è coincisa con la stagione di caccia: aironi, poiane, sparvieri, gheppi, cigni feriti da arma da fuoco, una minima parte di quello che avviene sul territorio non controllato. In Sicilia anche fenicotteri rosa, cicogne nere e persino una rarissima aquila di Bonelli, oggetto di un progetto LIFE dell’UE per proteggerla.
Il CRAS WWF dell’Oasi di Valpredina, che è il punto di arrivo di animali selvatici in difficoltà provenienti dalle sole province di Bergamo e Brescia (dove esiste anche un altro Cras) ha accolto 44 rapaci feriti da arma da fuoco in pochi mesi, oltre a 440 esemplari di avifauna sequestrati dalle Polizie provinciali, dalle Guardie WWF e dal Corpo Forestale dello Stato (dal 1 gennaio 2017 confluito nell’Arma dei Carabinieri). Anche nel CRAS di Vanzago, nell’omonima oasi WWF lombarda, recuperate decine di rapaci tutti impallinati da fucili da caccia.
E non è un caso che l’accanimento contro una delle specie più rare della fauna europea, l’ibis eremita, sia avvenuto proprio nei mesi di attività venatoria: 5 esemplari uccisi, da settembre a gennaio, su una popolazione selvatica di appena 30 animali. La specie è tra l’altro oggetto di un progetto di reintroduzione finanziato dall’Unione Europea dato che era estinta nel XVII secolo in Europa a causa della caccia. Un altro simbolo delle vittime di questa stagione di caccia è l’oca collorosso, uccisa a fucilate in Puglia a gennaio e in piena crisi di maltempo.
A tal proposito, l’ultima nota amara di questo anno nero è stato il fatto che non sia stata accolta la richiesta del WWF di anticipare la chiusura della caccia in occasione dell’ondata di gelo di queste ultime settimane, a dimostrazione di una ancora scarsa sensibilità nella difesa della biodiversità. Solo la Puglia, Sicilia e Molise hanno allentato la morsa delle doppiette in piena crisi meteo: altrove si è assistito a veri e propri tiri al bersaglio contro animali, come beccacce o piccoli passeriformi concentrati nella spasmodica ricerca di cibo e acqua. Inoltre, benchè la legge vieti comunque la caccia nei territori coperti da neve, sui social gli stessi cacciatori hanno persino pubblicato ‘selfie venatori’ scattati nelle campagne innevate. L’ultimo episodio di cronaca riporta 150 animali sequestrati a 5 cacciatori in azione nelle lagune venete del Delta del Po: il bottino era tutto ‘particolarmente’ protetto, oche selvatiche, volpoche, oche lombardelle.
Presidio Guardie volontarie. Le oltre 300 guardie del WWF Italia, con almeno 55.000 ore complessive di servizio all’anno a difesa della biodiversità e del patrimonio comune, cercano di supplire con un impegno volontario alla ormai sempre più pesante carenza di controlli e vigilanza da parte delle “pubbliche autorità”. Le loro denunce sono contro ogni genere di reato venatorio come uso di archetti, reti, tagliole, roccoli, persino fumi di zolfo per stanare gli animali o richiami elettroacustici vietati “mimetizzati” da telefoni cellulari per uccidere specie protette, o fuori dalla stagione di caccia e persino nelle aree protette, sulla neve o acque ghiacciate o di notte.
“Ci chiediamo come sia possibile che una esigua minoranza come i cacciatori, ormai meno dell’1% della popolazione in Italia, possa ancora avere così tanto seguito tra politici e pubblici amministratori” – ha dichiarato Dante Caserta, Vicepresidente di WWF Italia – “I danni prodotti dalla caccia, spesso malgestita e senza controlli, alla fauna selvatica italiana ed europea sono enormi. A questi vanno aggiunti i danni incalcolabili prodotti dalla caccia illegale. Una situazione che comporta poi la possibilità di gravi sanzioni comunitarie pagate da tutti noi italiani. Per combattere le sempre più gravi forme di bracconaggio a specie protette chiediamo che venga introdotto in Italia il reato-delitto di ‘uccisione di specie protetta’. Come WWF abbiamo chiesto già da due anni al Parlamento di approvare una specifica proposta di legge, elaborata dai nostri esperti, che riforma il sistema sanzionatorio penale per i casi di uccisione, cattura illegale, commercio illecito di animali appartenenti a specie protette. Oggi chi commette questo tipo di atti rischia una blanda sanzione che arriva al massimo all’ammenda di poche migliaia di euro nel caso più grave. Sempre che non intervenga prima la prescrizione o la non punibilità per ‘tenuità del fatto’ recentemente introdotta. Si tratta di pene del tutto inadeguate che, peraltro, raramente vengono effettivamente scontate e che solo in pochissimi casi comportano la revoca della licenza di caccia”.
Il WWF ribadisce, infine, la necessità di prendere in seria considerazione la sospensione della stagione venatoria, almeno nelle Regioni dove si verificano gli atti di bracconaggio più gravi, vista la frequenza preoccupante di questi atti criminali. In questo contesto assume un aspetto ancora più gravoso il fatto che il controllo selettivo con la caccia di quelle che sono considerate specie nocive, oggi il cinghiale, e che verrà esteso probabilmente anche al lupo secondo le deroghe previste nel prossimo Piano di gestione di questa specie protetta, permetterebbe ai cacciatori di sparare al di fuori del periodo di caccia e forse persino all’interno delle aree protette. Un altro dei motivi per cui il WWF è fortemente contrario a ogni ipotesi di abbattimenti ‘selettivi’ del lupo.
Il WWF infine, auspica che l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri possa dare nuovo impulso alle attività di vigilanza e repressione di questi gravissimi “furti di natura”: fondamentale in questo senso è il rafforzamento del NOA-Nucleo Operativo Antibracconaggio nella riorganizzazione dei Carabinieri-Forestali, con il mantenimento dei Campi Antibracconaggio “Adorno” sullo Stretto di Messina e “Pettirosso” nella Valli Bresciane.