Bracconaggio di specie protette, inquinamento da piombo, Regioni che si oppongono alle decisioni europee e nazionali a tutela della fauna migratrice, la Legge nazionale sulla caccia non correttamente applicata, sono questi i principali problemi derivanti dalla caccia elencati dal WWF Italia in occasione della chiusura della stagione venatoria, sabato 31 gennaio.
Il WWF chiede che anche in l’Italia si elimini finalmente il piombo dalle munizioni di caccia, grave fonte di inquinamento, sostituendolo con leghe non tossiche entro il 2017 come stabilito recentemente dall’Onu al meeting della Convenzione sulle specie migratorie in applicazione della “Convenzione di Bonn”, con una decisione vincolante anche per il nostro paese.
La caccia, sia nella forma illegale del bracconaggio, sia nella forma legale autorizzata con provvedimenti regionali o nazionali, in Italia rappresenta uno dei fattori che contribuiscono alla perdita di biodiversità, che si somma ad altri fattori negativi quali il consumo del suolo, gli inquinamenti, i cambiamenti climatici, gli incendi boschivi.
Il motivo è dovuto alla particolare situazione italiana in cui l’attività venatoria viene gestita, normata e praticata in maniera quasi sempre non sostenibile, e non rispettando i criteri scientifici, né le normative internazionali di tutela delle specie e degli habitat naturali. Situazione particolarmente grave in Italia importantissimo “corridoio biologico”, una sorta di autostrada attraversata ogni anno da oltre un miliardo di uccelli migratori che si spostano tra l’Africa, l’Europa e l’Asia per riprodursi e svernare. Purtroppo ogni anno milioni di animali, compresi molti appartenenti a specie protette, trovano la morte nei nostri cieli, dopo viaggi che durano anche migliaia di chilometri.
“Nella campagna ‘Stop ai crimini di natura’, lanciata in questi mesi dal WWF Italia, abbiamo dovuto purtroppo constatare come i fenomeni legati alla caccia illegale ed al bracconaggio , anche di specie protette e rare come lupi, orsi, aquile, persino cicogne, anche nei Parchi, non siano in diminuzione , nonostante l’impegno di forze dell’ordine (come il Corpo Forestale dello Stato) e la mobilitazione quotidiana di centinaia di guardie volontarie del WWF – ha dichiarato Donatella Bianchi Presidente WWF Italia – Aspettiamo da anni che l’Italia si adegui finalmente alla regole europee sulla tutela della fauna selvatica e sul controllo dell’attività venatoria, per una reale diminuzione dei suoi impatti negativi e per rendere operativa la “Strategia nazionale per la tutela della biodiversità”, approvata nell’ottobre 2011 dal Governo Italiano”.
Ma, mentre un primo timido segnale positivo è arrivato nei giorni scorsi dal Governo che, per la prima volta, ha bloccato in tutto il territorio nazionale dal 20 gennaio la caccia a tre specie migratrici tordo bottaccio, cesena e beccaccia, in applicazione della direttiva europea sulla conservazione degli uccelli selvatici, da ancora troppe Regioni (e purtroppo sempre le stesse) arrivano decisioni e prese di posizione negative, illegittime e di assoluta retroguardia.
Bene ha fatto il Governo a ricorrere ai poteri sostitutivi, come gli consente la legge e la Costituzione, nei confronti di quelle regioni (Liguria, Toscana, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Marche), che si ostinano a considerare gli animali selvatici come semplice “selvaggina” di cui disporre a proprio piacimento in nome di una inesistente “autonomia regionale ” in materia di disciplina della caccia . E’ appena il caso di ricordare ai Governatori delle Regioni italiane (ad iniziare dal Veneto che ha addirittura annunciato un ricorso al Tar , pagato dai contribuenti, contro la decisione del Governo) che secondo giurisprudenza ormai consolidata della Corte Costituzionale, le Regioni possono “nell’esercizio della loro potestà legislativa residuale in materia di caccia“, modificare le norme statali esclusivamente nella direzione dell’innalzamento del livello di tutela della fauna e nel rispetto dello standard minimo di tutela fissato dalla legge statale.
Le Regioni che continuano a non rispettare gli standard europei ed internazionali per la tutela degli animali selvatici, il bracconaggio che non diminuisce, i controlli che non aumentano, tutti questi fatti evidenziano come la legge 157/1992 , che è ancora l’unica legge italiana per la tutela della fauna selvatica, non funziona ancora come dovrebbe, a causa della mancata o distorta applicazione da parte di molte, se non tutte, le Regioni italiane.
La conservazione e tutela delle specie selvatiche e della biodiversità sono anche per l’Italia impegni presi nei confronti della comunità internazionale. La caccia non è e non può essere oggetto di “trattativa ” e di mercato, come pretenderebbero alcune regioni italiane , non è un “diritto”, ma rientra tra le attività dell’uomo che compromettono la conservazione della biodiversità (soprattutto se non viene esercitata sulla base di criteri scientifici e nel rispetto delle normative internazionali ed europee). La sua disciplina, quindi, deve rispondere ai principi scientifici di tutela dettati dalle norme europee ed internazionali, nonché sanciti con numerose sentenze dalla Corte Costituzionale .
Il WWF Italia, ricordando che il sentimento generale degli Italiani è di contrarietà alla caccia “selvaggia” e senza limiti (come dimostrato da numerosi sondaggi) auspica e chiede un atteggiamento maggiormente responsabile e collaborativo da parte delle Regioni e delle Associazioni venatorie. Per bloccare chi continua violare le Direttive europee, il WWF continuerà a mettere in campo tutti gli strumenti, compresi quelli giudiziari, per accertare le responsabilità per i danni causati alle specie cacciate illegalmente e sono sempre allertati i nostri “ranger” , le guardie volontarie WWF, contro ogni genere di bracconaggio ed illegalità per contrastare i crimini di natura.
La chiusura della stagione venatoria coincide con il 2 febbraio che cade il prossimo lunedì, la World wetlands day – Giornata mondiale delle zone umide, per ricordare la firma della Convenzione di Ramsar siglata in Iran il 2 febbraio 1971 a tutela delle zone umide di rilevanza internazionale, laghi, stagni e lagune particolarmente ricchi di biodiversità.
La giornata è stata istituita per ricordare l’urgenza di difendere laghi, lagune e corsi d’acqua e il loro ruolo insostituibile per le specie migratorie e per le numerose attività economiche che sostengono quali la pesca, il turismo e l’agricoltura. Circa due terzi delle zone umide d’Europa sono scomparse negli ultimi 50 anni e quelle che restano sono sotto pressione per l’inquinamento e i cambiamenti climatici.