Nell’esprimere il cordoglio alla famiglia delle vittime del tragico episodio in Sicilia il WWF Italia sottolinea come quella dei cinghiali sia un’emergenza nota e denunciata da anni di cui però mancano i dati reali su consistenza della popolazione, distribuzione, danni all’agricoltura.
Con lo spopolamento delle montagne e delle campagne sta aumentando in questi anni la fauna selvatica che fatica a trovare un equilibrio naturale, vista la carenza di predatori.
I grossi predatori, prima di tutto i lupi, che svolgono il ruolo di tenere sotto controllo le specie onnivore (come i cinghiali) e erbivore (come cervi e daini) non riescono a tenere contenere alcune specie come i cinghiali che hanno alti tassi di riproduzione.
Per gestire questa situazione dati scientifici certi sono la base per affrontare il problema.
Il WWF propone che si affidi all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ISPRA la gestione di una banca dati sul cinghiale e sui danni all’agricoltura in collaborazione con le Regioni, al fine di identificare le aree più critiche e vulnerabili e per pianificare su basi scientifiche il controllo delle popolazioni.
La gestione del cinghiale è competenza delle Regioni e delle Province nell’ambito della gestione faunistico venatoria ma ora non esiste una banca dati nazionale sul censimento della specie, come non sono noti i ripopolamenti che in alcune aree continuano ad essere effettuati dagli ATC (ambiti territoriali di caccia). Né sono quantificati i danni rilevanti provocati alle coltivazioni visto che anche in questo caso non esiste una banca dati nazionale.
Il WWF inoltre chiede che sull’emergenza cinghiali intervengano Ministero politiche agricole, ministero Ambiente insieme alla conferenza delle Regioni, con un decreto che faciliti il coinvolgimento degli agricoltori nella gestione delle catture e favorisca la promozione di filiere per la commercializzazione e trasformazione delle carni in modo legale.
Il decreto dovrebbe essere concertato dal Ministero politiche agricole e dal ministero Ambiente insieme alla conferenza delle Regioni e prevedere la possibilità per gli agricoltori che gestiscono le catture di trattenere e commercializzare gli esemplari catturati a parziale compenso del servizio fornito per il controllo. Inoltre occorre fornire agli agricoltori i recinti e trappole di cattura in comodato gratuito prevedendo un compenso per la gestione nell’ambito dell’applicazione degli articoli 14 e 15 del Dlgs 221 del 2001 (Legge orientamento in agricoltura)
I CINGHIALI IN ITALIA
In Italia come in tutta Europa esiste una sola specie di cinghiale, nome scientifico Sus scrofa.
Non ci sono quindi cinghiali alloctoni e autoctoni. Pur essendo vera l’immissione in natura nel nostro paese negli anni ’60 del secolo scorso di cinghiali dei Carpazi, i cinghiali presenti in Italia sono dopo varie generazioni perfettamente adattati alle caratteristiche dei nostri habitat.
Le dimensioni e la prolificità del cinghiale possono variare molto in relazione alle caratteristiche degli habitat presenti. I cinghiali che vivono in boschi di querce o faggi in Appennino sono tendenzialmente più grandi dei cinghiali presenti nella macchia mediterranea.
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Crescita esponenziale della specie
Il tasso riproduttivo del cinghiale può variare nel corso degli anni dal 100% al 200% in relazione all’andamento climatico in inverno ed estate ed alle disponibilità di cibo.
Una scrofa può partorire anche due volte in un anno, con oltre 10 piccoli a parto.
In un anno il numero dei cinghiali in una definita area può quindi potenzialmente raddoppiare o triplicare.
In condizioni naturali la disponibilità di cibo può essere un fattore limitante per la crescita della popolazione (il cinghiale è un onnivoro con grandi capacità di adattamento e versatile). L’agricoltura diffusa nel nostro paese anche in territori rurali marginali rende disponibile una grande quantità di cibo a costi energetici molto bassi per il cinghiale.
L’unico predatore naturale del cinghiale è il lupo, ma la popolazione di questo predatore in Italia (1.000 – 1.500 esemplari) non è in grado di condizionare in modo rilevante la dinamica della popolazione del cinghiale (un lupo può prelevare circa 200 cinghiali / anno per la sua alimentazione).
- Carenza di dati
La gestione del cinghiale è competenza delle Regioni e delle Province nell’ambito della gestione faunistico venatoria. Non esiste una banca dati nazionale sul censimento della specie, come non sono noti i ripopolamenti che in alcune aree continuano ad essere effettuati dagli ATC (ambiti territoriali di caccia). Il cinghiale provoca danni rilevanti alle coltivazioni ma anche in questo caso non esiste una banca dati nazionale.