Dati e analisi sugli effetti della crisi climatica li abbiamo da tempo, è l’azione che manca
Nessuno poteva sapere quando e dove, ma quella di ieri sul ghiacciaio della Marmolada è una tragedia più che annunciata e per questo ancor più grave e dolorosa. Quanto accaduto corrisponde agli scenari e agli avvertimenti che climatologi e glaciologi diffondono da anni, in particolare attraverso i rapporti dell’IPCC, il panel scientifico delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e persino con un report speciale su “Mari e criosfera in un clima che cambia” del 2019. Del resto, di tragedie per i cosiddetti glacier hazards se ne sono verificate diverse anche sulle Alpi europee negli ultimi anni, tutte presto dimenticate.
I ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire in 20-30 anni
Negli ultimi decenni i ghiacciai alpini sono in forte ritiro: l’ultimo Catasto dei ghiacciai italiani dimostra che la superficie dei ghiacciai italiani è passata dai 519 km2 del 1962 (Catasto Cgi-Cnr), ai 609 km2 del 1989 (catasto World Glacier Inventory, con dati raccolti negli anni ’70-80), agli attuali 368 km2, pari al 40% in meno rispetto all’ultimo catasto. Contemporaneamente, il numero dei ghiacciai è cresciuto: 903, contro gli 824 nel 1962 e i 1,381 nel 1989, ma l’aumento rispetto al 1962 è un altro segnale di pericolo perché dovuto all’intensa frammentazione che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli. Negli ultimi 150 anni alcuni ghiacciai hanno perso oltre due chilometri di lunghezza, ma a ridursi è anche il loro spessore che in una sola estate può assottigliarsi anche di 6 metri.
Con la media delle temperature degli ultimi anni, i ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni. Se le temperature continueranno ad aumentare, nel giro di pochi decenni i ghiacci eterni dalle Alpi Orientali e Centrali potrebbero ridursi drasticamente o scomparire. Rimarrebbero solo sulle Alpi Occidentali, quelle più alte. Inoltre, i ghiacciai sono sempre più scuri, e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari.
L’allarme del WWF
Come il WWF denuncia da anni, le conseguenze sono devastanti, non solo per l’ambiente e il paesaggio montano, per le comunità e le attività economiche, dal turismo all’energia. Scrivevamo già anni fa che i deflussi estivi dei fiumi derivano per la maggior parte dalla fusione glaciale. Venendo meno i ghiacciai, svanisce anche il loro contributo ai torrenti alpini e ai fiumi della Pianura Padana, compreso il Po con significative conseguenze sull’approvvigionamento idrico per la popolazione e per le attività economiche, a cominciare dall’agricoltura e dalla produzione idroelettrica e termoelettrica (questo lo scrivevamo prima dell’attuale, gravissima siccità). Aumenta anche il rischio dei cosiddetti glacier hazards, cioè i rischi legati all’azione diretta del ghiaccio e/o della neve e potrebbero portare a valanghe di ghiaccio e ad alluvioni catastrofiche per esondazione di laghi glaciali, come quella verificatasi nell’estate del 2019 per il collasso del ghiacciaio Zermatt in Svizzera.
Cosa chiediamo al governo
I dati e le analisi sono quindi disponibili da tempo: è l’azione che manca. Il WWF chiede quindi al Governo di agire sia per la mitigazione (abbattimento delle emissioni di gas climalteranti) sia per l’adattamento (misure per far fronte al danno e agli impatti già in atto). Per la mitigazione, serve una legge sul clima, che renda la crisi climatica un elemento imprescindibile di valutazione per tutte le politiche. Serve inoltre l’urgente, anzi immediato aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC), compilato prima dell’aggiornamento degli obiettivi europei e dei prezzi alle stelle del gas: oggi, senza ulteriori tentennamenti, occorre premere l’acceleratore sulle fonti rinnovabili e su risparmio ed efficienza energetica, con un piano di portata davvero eccezionale.
Va anche, e finalmente, varato il Piano Nazionale per l’Adattamento al Cambiamento Climatico. Ricordiamo che un piano fu varato nel 2017, sottoposto a consultazione, riaggiornato nel 2018, sottoposto alla Conferenza Stato Regioni e poi a Valutazione Ambientale Strategica: ora pare vada riscritto daccapo, ma nessuno sa chi e con che tempi lo stia facendo. E invece è uno strumento sempre più imprescindibile per far fronte ai rischi climatici.
L’8 luglio il ministro Cingolani sarà in Val d’Aosta: una ottima occasione per il Ministro della Transizione Ecologica – per dire cosa intende fare per contribuire alla lotta contro il riscaldamento globale e per dotare finalmente l’Italia di un piano di adattamento a quei cambiamenti ormai inevitabili.