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Assalto alle Coste italiane

Nella giornata mondiale degli Oceani il nuovo dossier Coste, “il Profilo fragile d’Italia” apre la campagna GenerAzioneMare 2022

Da terra e da mare i nostri ecosistemi costieri sono presi d’assalto

Le coste italiane (circa 7.500 km) sono la porzione di territorio che, negli ultimi 50 anni, ha subito le maggiori trasformazioni. Il 51% dei paesaggi costieri italiani (circa 3.300 km) sono stati trasformati e degradati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie.

Appena 1.860 km (il 23%) di tratti lineari di costa più lunghi di 5 km nel nostro Paese, isole comprese, possono essere considerati con un buon grado di naturalità. Installazioni industriali, espansione urbana e strutture turistiche, deforestazione e rasatura delle dune costiere hanno alterato quasi interamente il profilo del nostro litorale. A questi impatti diretti si è aggiunta l’erosione delle spiagge, fenomeno naturale esacerbato delle attività umane. In particolare, la manomissione dei fiumi e la demolizione delle dune costiere hanno ridotto e rimosso l’apporto di materiale per la formazione delle spiagge. Nel periodo 2006-2019 un totale di 841 chilometri di costa italiana era caratterizzato da erosione. Cambiamento climatico, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando invece gli ecosistemi marini.

Parco della Maddalena, foto di F. Bulgarini

Il dossier Coste per la Giornata mondiale degli Oceani

È quanto denuncia il WWF con il nuovo “Dossier Coste, il profilo fragile dell’Italia” lanciato l’8 giugno in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani e che inaugura l’avvio della Campagna GenerAzioneMare 2022.

  • Il profilo fragile d'Italia
    Il profilo fragile d'Italia

    Il nuovo dossier Coste, pubblicato in occasione della giornata mondiale degli Oceani

Pesca professionale, ricreativa e illegale

Per quanto riguarda la pesca, diverse specie costiere sono spesso sovrasfruttate, per l’azione combinata della pesca professionale e di quella ricreativa. L’impatto di quest’ultima o è spesso sottovalutato o interamente ignorato: si stima che in Italia siano oltre mezzo milione i pescatori ricreativi da barca, e oltre 230 mila pescatori sia subacquei, sia da spiagge che da moli. Secondo alcuni studi nel nord-ovest del Mar Adriatico, ad esempio, le catture ricreative potrebbero ammontare a circa il 30-45% degli sbarchi della piccola pesca locale. Vanno poi sommati gli effetti della pesca illegale, che viene denunciata dalla maggior parte delle Aree marine protette. Un “termometro” di questo fenomeno è rappresentato dal dattero di mare: nel 2020, la Guardia Costiera ha registrato 10 infrazioni accertate e ha sequestrato 84 kg di datteri di mare. Nel 2015, i kg sequestrati erano stati addirittura 6.762.

I servizi ecosistemici

Alcuni numeri per capire l’importanza di questi ecosistemi. La piccola pesca costiera fornisce circa il 16% dello sbarcato totale di prodotto ittico in Italia. Nel 2019, i turisti stranieri hanno speso circa 6,6 miliardi di euro nel turismo balneare in Italia. Ecosistemi costieri in salute svolgono un ruolo cruciale nel contesto del cambiamento climatico: le praterie di Posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impatti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano quindi l’erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio che ha immagazzinato dall’11% al 42% delle emissioni totali di CO2 dei paesi Mediterranei dai tempi della rivoluzione industriale. Attività illegali di pesca a strascico sotto-costa, ma anche le ancore che arano i fondali e le loro catene stanno provocano la forte regressione della Posidonia nel Mediterraneo.

Posidonia oceanica

Coste, la tutela fa acqua

Il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole. Il 71% degli habitat dunali in Direttiva sono in cattivo stato di conservazione e in regressione. Ad oggi esistono 29 aree marine protette (AMP) e 2 parchi sommersi che, insieme ad altre tipologie di aree protette, nel complesso tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 km di costa. Queste aree sono tuttavia troppo poche e troppo piccole. Al 2019, considerando sia AMP sia siti Natura 2000 a mare, solo il 4,53% delle acque territoriali italiane (0-12 miglia nautiche) era protetto, di cui l’1,67% con un piano di gestione implementato e appena lo 0,01% soggetto a protezione integrale. Le aree marine protette rappresentano, sottolinea il WWF, un elemento chiave per la pesca sostenibile.

Fratino
Fratino in habitat dunale, foto di Vincenzo Iacovoni

Le richieste del WWF

La Nuova Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030 sostiene che per il bene dell’ambiente e delle nostre economie i Paesi membri dell’UE dovrebbero proteggere in modo efficace almeno il 30% della superficie terrestre e il 30% del mare entro il 2030, di cui il 10% strettamente protetto. Per salvaguardare i servizi ecosistemici che coste e mari italiani ci garantiscono, e per assicurare un futuro sostenibile alle generazioni future (compresi turismo sostenibile e piccola pesca), è necessario per il WWF un impegno immediato e concreto per:

Incrementare l’efficacia di gestione delle aree marine protette e siti Natura 2000 esistenti

Incrementare l’estensione della superficie protetta nei mari italiani, garantendone una protezione efficace;

Implementare un piano di gestione dello spazio marittimo basato sull’approccio ecosistemico, per garantire un’economia blu veramente sostenibile

Incrementare la protezione di ecosistemi chiave come la Posidonia oceanica e le dune costiere attraverso azioni di restoration passiva e attiva

La protezione di importanti porzioni di ecosistemi costieri e marini farà bene non solo alla biodiversità ma anche alla pesca, con aumento delle specie commerciali anche nelle aree adiacenti. Il modello Torre Guaceto in Puglia, riserva gestita da un consorzio del quale il WWF fa parte, è diventato un caso studio a livello internazionale.

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