La lezione di Los Angeles
Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Fanno più rumore le ville ridotte in cenere che una foresta intera devastata dalle fiamme. Persino il presidente americano Donald Trump è dovuto intervenire sui danni causati dagli incendi divampati a Los Angeles questo mese. “Dovremo spendere molti soldi”, ha detto il tycoon. Questo mentre i roghi non sono ancora stati del tutto domati e un nuovo incendio, divampato nella città americana il 22 gennaio, sta costringendo all’evacuazione decine di migliaia di abitanti.
Mille ettari in fumo in poche ore
Da inizio mese da Los Angeles arrivano immagini drammatiche, dove le ville milionarie dei quartieri di lusso Pacific Palisades, Hollywood, Beverly Hills, Malibu, Santa Monica e Altadena sono state ridotte in cenere da molteplici roghi divampati a decine di chilometri l’uno dall’altro e che hanno divorato più di 1.000 ettari in poche ore, e oltre 10.000 in meno di 24 ore, causando oltre 20 morti, decine di feriti, più di 200.000 persone evacuate e migliaia di edifici ridotti in cenere per oltre 200 miliardi di dollari di danni.
Ancora non è certo come si sia innescato il primo rogo di inizio gennaio. Forse doloso, forse una scintilla provocata da un guasto elettrico o dai fuochi pirotecnici. Fatto sta che la rapida propagazione delle fiamme è stata causata da un mix “perfetto” di fattori, dovuti anche ad eventi climatici estremi: le temperature più elevate della media (1°C in più di 40 anni fa), la siccità totale, che da mesi colpisce quest’area della California pressoché azzerando le precipitazioni (siamo nella stagione delle piogge), rendendo così la vegetazione secca e infiammabile, e le raffiche calde e insolitamente forti dei “venti di Santa Ana”+, che hanno soffiato a un’intensità che non si registrava da oltre dieci anni (circa 150 km/h). I forti venti hanno diffuso rapidamente le fiamme, rendendole in poche ore talmente intense da essere impossibili da domare dai vigili del fuoco, impedendo inizialmente anche l’impiego dei canadair.
Condizioni climatiche estreme sempre più frequenti
Queste condizioni estreme si stanno verificando sempre più frequentemente, in California ma anche altrove, come proprio nei Paesi mediterranei, tra cui l’Italia dove molte regioni sono caratterizzate da un clima “mediterraneo” analogo a quello californiano. Bisogna quindi sfruttare questa occasione per ragionare su quanti danni questi incendi rapidi e impossibili da domare causerebbero in poche ore se si dovessero innescare in Italia nelle aree tra il bosco e la città cosiddette “di interfaccia” dove il rischio di innesco di un incendio boschivo è risaputo essere massimo.
Prevenzione del rischio: il progetto pilota del WWF
Per impedire che situazioni analoghe si verifichino è cruciale lavorare sulla prevenzione del rischio proprio in queste aree di interfaccia , pianificando le azioni per rendere il territorio più resiliente e sensibilizzando le comunità che lo vivono. Il WWF Italia ha appena concluso un progetto pilota su questo tema, “OFF-Out Forest Fire”, il cui obiettivo è stato proprio quello di lavorare sul territorio e preparare le comunità sul tema della prevenzione e renderle “fire-smart”.
Dalle prime indagini in California sembra che questa prevenzione non venisse attuata magistralmente: l’evacuazione è stata caotica, rallentando le operazioni emergenziali forse per la mancanza di un apposito piano, la poca acqua piovana non veniva trattenuta in appositi serbatoi, per essere impiegata in situazioni di emergenza di questo tipo, bensì riversata nell’Oceano, e le case erano costruite troppo in prossimità dell’infiammabile vegetazione boschiva, che non veniva gestita con appropriati interventi di selvicoltura preventiva.
Eventi climatici estremi ed errori umani, un mix perfetto che ha lasciato il segno. Speriamo servirà almeno per renderci conto che gli incendi del futuro vanno spenti oggi.