È stato previsto un finanziamento di oltre 40 milioni di euro per il progetto di collegamento sciistico Emilia – Toscana. L’opera interesserebbe gran parte di zone SIC-ZPS e 2 Parchi Regionali (il P.co del Corno alle Scale nel Bolognese e il P.co del Frignano nel Modenese). Sarebbe un vero e proprio scempio, in un panorama attualmente intatto, dove il protagonista ora è un magnifico laghetto, usurpato da nuove strade in alta quota per la costruzione degli impianti a fune, nuove piste, bacini e captazione di sorgenti per la neve artificiale.
Il progetto di collegamento sciistico Emilia-Toscana prevede finanziamenti per oltre 40 milioni di euro di cui 27 già stanziati con 2 delibere delle 2 regioni coinvolte. I lavori interesserebbero gran parte di zone SIC-ZPS e 2 Parchi Regionali (il P.co del Corno alle Scale nel Bolognese e il P.co del Frignano nel Modenese). Un “massacro” indicibile” in zone attualmente intatte: nuove strade in alta quota per la costruzione degli impianti a fune, nuove piste, bacini e captazione di sorgenti per la neve artifciale, alterazione paesaggistica di un tratto di crinale dov’è presente un magnifico laghetto alpestre, tunnel e ascensori interrati nella montagna.
Il 24 Febbraio 2018 il WWF Bologna Metropolitana ha organizzato un convegno a Casalecchio di Reno (BO); il Convegno ha avuto un successo incredibile: oltre 160 persone tra il pubblico (nella Sala vi erano solo posti in piedi!), partecipazione di altre Associazioni (Lega ambiente, CAI, Italia Nostra, UBN), di amministratori locali, di personaggi della Cultura e dell’Alpinismo di fama mondiale (Fausto De Stefani) con interventi di notevole livello (Prof. P. Pupillo professore emerito dell’Università di Bologna, presidente dell’UBN ed esponente di Italia Nostra).
La linea del WWF è stata centrata sui cambiamenti climatici in atto di cui gli attivisti del WWF Bologna Metropolitana si stanno occupando come ricercatori da 8 anni proprio al Corno alle Scale (ricerche condotte in collaborazione con l’Università). Dagli studi (una parte già pubblicati nel 2014, su Plant Sociology) risulta evidente il riscaldamento del clima in quota, la riduzione delle precipitazioni, l’aumento del vento e la progressiva scarsità di neve negli ultimi 30 anni (uno dei pochi lavori sull’Appennino); tutto questo lo abbiamo trovato “scritto” nel cambiamento delle Vegetazione in alta quota (oggetto dei nostri studi). Investire nella neve che non c’è risulta pertanto una posizione insostenibile anche sul piano economico.
