“Anche se tutti i rumori inutili mi danno molto fastidio, ce ne sono tre che per me rappresentano nella loro invasiva prepotenza dei veri simboli di inaccettabile degrado.
Il primo è quello emesso dalle ruspe. Pur se in qualche caso queste, nella loro declinazione di escavatori, caterpillar, scraper eccetera, possono essere utilizzate per lavori utili (demolizione di fabbricati abusivi, rimozione di frane, raccolta di rifiuti ingombranti) il loro martellante fragore è quasi sempre il sintomo di sbancamenti, scavi, interventi distruttivi ai danni del suolo, un tesoro irrecuperabile che in Italia è divorato al ritmo di 70 ettari al giorno.
Il secondo odioso strepito è quello delle motoseghe. Se un tempo la odiosa pratica di abbattimento di alberi era segnalata dai colpi di accetta e di scure, oggi il dendricidio ha la irritante sembianza del miagiolio forsennato delle chain saw che imperversa in tutte le foreste del mondo contro alberi secolari che potrebbero ostacolare osceni diboscamenti e “civilizzazione” forzata.
Se i due primi rumori aggrediscono il suolo (la ruspa) e la vegetazione (la motosega) il terzo (lo sparo) colpisce la componente più viva e preziosa della biosfera: la fauna.
Ogni sparo che si diffonde nelle campagne, nelle paludi, nei boschi e nelle savane, invia un messaggio di morte. Le stupida fucilata contro il volo di un fringuello dei “beccamorti” nostrani, lo sparo di una carabina contro una tigre o un rinoceronte, la carica esplosiva lanciata da una baleniera contro un cetaceo, sono tutti segnali irreparabili.
Certo, infiniti sono i rumori che ci distolgono dalla quiete. Gli scappamenti di certi centauri, le musiche “a manetta” che ci assillano ovunque si raccolga la gente e soprattutto gli stolidi e micidiali botti di capodanno – una tribale e barbara consuetudine retaggio di riti apotropaici celebrati per allontanare spiriti maligni e demoni in agguato. Questi – oltre ad offendere la quiete e il silenzio notturno ed esporre chi li maneggia a pesanti ferite e menomazioni – causano negli animali terrori incontenibili che li inducono a fuggire terrorizzati, ad ammalarsi e a nascondersi in luoghi inospitali.
Il poter godere, anche nella notte di S. Silvestro, di un vero silenzio, allietato dal canto di un chiurlo o dal mormorio di un ruscello (magari in un’Oasi del WWF) è un bene di cui tutti noi dovremmo avere il diritto di godere”..
Fulco Pratesi
Si stima che ogni anno in Italia centinaia di animali muoiano a causa dei botti di fine anno. Di questi circa l’80% sono animali selvatici, soprattutto uccelli, tra i quali non mancano casi di rapaci che, spaventati, perdono il senso dell’orientamento ed effettuano fughe istintive rischiando di colpire mortalmente un ostacolo a causa della scarsa visibilità. Altri abbandonano il loro dormitorio invernale, vagano anche per chilometri, e non trovando altro rifugio muoiono per il freddo a causa dell’improvviso dispendio energetico a cui sono costretti in una stagione caratterizzata dalle basse temperature e dalla scarsità di cibo che ne riduce l’autonomia. Il WWF invita ad evitare i botti di fine anno (sono già oltre 800 i comuni, come Torino, Pescara, Pavia, che li hanno vietati nei luoghi pubblici con un’ordinanza): meglio il botto di un buon spumente stappato in compagnia!