Nel nuovo Report WWF la mappa dei siti più a rischio, le specie aliene e istruzioni per lo stagno “Fai da te”
Zone Umide sorvegliate speciali a causa dell’effetto clima che le sta prosciugando, una pressione che si aggiunge al consumo del suolo, all’inquinamento e alla caccia. Sono gli ecosistemi più a rischio del pianeta: in Europa è scomparso il 90% solo nell’ultimo secolo. Dei circa 3 milioni di ettari originari, all’inizio del ventesimo secolo ne restavano meno della metà, 1.300.000 ettari. In Italia il colpo finale è stato dato tra l’800 e il 900 (lago del Fucino, bonifiche delle paludi pontine, tanto decantate da Goethe nel suo Viaggio in Italia, le zone umide ferraresi).
Per arrestare il ritmo di questa perdita e far conoscere l’enorme valore delle zone umide il WWF ha lanciato la nuova campagna One Million Ponds che punta a ricostruire quel sistema linfatico prezioso fatto di laghi, stagni, pozze, fontanili, torbiere e acquitrini, una gamma variegata di habitat tra terra e acqua, 15 dei quali rari e tutelati dalla Direttiva europea “Habitat”, fondamentale per proteggere la nostra biodiversità. L’occasione è la Giornata Mondiale delle Zone Umide che si celebra il 2 febbraio.
La campagna è rivolta a soci, volontari, esperti e cittadini per favorire un’adeguata conoscenza di questi ambienti preziosi, sensibilizzare sulla loro importanza, e la loro tutela. Si inizierà con un censimento di tutti quei piccoli specchi d’acqua dove sono presenti piante e animali palustri.
Per partecipare basta compilare la scheda on line sulla pagina della campagna >>
Ma non solo. Il WWF chiede anche di realizzare piccoli stagni “Fai da te”. Sulla pagina della campagna infatti sono tutte le indicazioni per creare un habitat ideale per rane, libellule e ninfee nel giardino di casa o nel cortile della scuola.
In occasione della Giornata Mondiale, decine di Oasi WWF hanno programmato nel week end eventi speciali dal nord al sud. Fino al 4 febbraio sarà possibile ammirare fenicotteri, cavalieri d’Italia, svassi, anatre selvatiche, aironi che proprio in questo periodo si concentrano nelle nostre zone umide. Il WWF, grazie al Sistema delle Oasi, gestisce direttamente o in collaborazione con altri enti la rete di aree umide più diffuso in Italia: circa 70 aree, 10 delle quali sono Zone Umide d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar.
Le zone umide sono gli ambienti con la più elevata ricchezza di biodiversità al mondo, insieme alle barriere coralline, tutelate fin dal 1971 dalla Convenzione Internazionale Ramsar. Il grande valore in termini di servizi ambientali è ancora tutto da esplorare, ma c’è chi ha calcolato in oltre 23,3 miliardi di dollari l’anno quello legato al ruolo delle zone umide nella protezione dagli uragani lungo le coste statunitensi. Oltre al fascino dei paesaggi lagunari solo in Italia queste aree (65) offrono rifugio a 192 specie di uccelli, il 31% di tutte quelle che vivono in Italia, la maggior parte delle quali sono migratrici.
Questi habitat hanno un effetto spugna in caso di inondazioni diluendo inquinanti e riducendo il rischio alluvioni, immagazzinano carbonio, sono serbatoi per nutrienti, depuratori naturali, luoghi di riproduzione per pesci e molluschi e uccelli ma soprattutto mitigano gli effetti dei cambiamenti climatici. Non ultimo, hanno un alto valore educativo e ricreativo per attività di birdwatching e varie forme di turismo che attraggono ogni anno migliaia di persone.
Il Report WWF, distribuito per questa giornata segnala, infatti, che in Italia solo il 29% di habitat e specie legate all’ambiente acquatico è in uno stato favorevole (dati ISPRA 2014), il 40% è ‘inadeguato’, 19% cattivo, l’11% sconosciuto.
Effetto clima. Le zone umide saranno i primi ambienti a subire i danni dell’effetto serra: le temperature cresceranno ancora di 2-3°C le precipitazioni si ridurranno del 25% e il mare invaderà le coste. Le modifiche dovute ai cambiamenti climatici colpiranno soprattutto i piccoli laghi. Già oggi 6 zone umide italiane, dal nord al sud, mostrano processi di desertificazione precoci. Un paradosso visto il loro ruolo nella difesa dal caos climatico. Tra le prime aree ad accusare la ‘malattia climatica’ sono il bosco della Mesola nel Delta del Po (Emilia Romagna), il lago di Massaciuccoli e la Pineta di Alberese (Toscana); la tenuta di Castel Porziano e il Parco nazionale del Circeo (Lazio), il bosco di Policoro (Basilicata) e le zone umide della Sardegna occidentale.
A peggiorare gli effetti delle trasformazioni di queste zone sulla biodiversità, c’è il fattore specie aliene: pesce siluro, nutrie, persico sole, pesce gatto e molte altre spesso introdotte per la pesca sportiva. Una specie simbolo dei danni prodotti da questa invasione silenziosa è la tinca, un pesce abituato a deporre le uova nella vegetazione acquatica, in forte riduzione, anche a causa della presenza di nuovi predatori come il pesce siluro.