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Il "governo dei cacciatori" rinuncia alla scienza

Oggi si è riunito per la prima volta il Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, il WWF ha fatto ricorso al TAR del Lazio

Oggi la prima riunione del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale

Oggi si è riunito per la prima volta il Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale ricostituito con decreto del Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida.

Si tratta di un organo dal nome identico a quello previsto dalla legge 157/1992 ma nella realtà diverso per funzioni e composizione, ricostituito per agire sul “contenimento della proliferazione della fauna selvatica” e definito “la sede tecnico-scientifica più idonea ad affrontare le problematiche connesse alla gestione venatoria della fauna selvatica omeoterma”. Peccato che il nuovo Comitato, di scientifico non abbia, di fatto, proprio nulla, considerato che su 17 componenti, solo 1 appartiene ad ISPRA, il più autorevole istituto pubblico, scientifico e indipendente, che si occupa della materia.

Il vero obiettivo è quindi quello di sostituire ISPRA, “colpevole” di essere troppo indipendente dalla politica e di evidenziare, con i propri pareri, come le concessioni fatte al mondo venatorio, spesso contrastino con la conservazione delle specie animali.

Per questo il WWF, insieme ad altre associazioni ha presentato un ricorso al TAR del Lazio contro il Decreto del Ministero dell’Agricoltura del 22 maggio 2023.

La ricostituzione del Comitato rientra, infatti, in una complessa azione messa in atto dal Governo, che punta a realizzare tutti i desideri del mondo venatorio e che sta portando alla sostanziale demolizione delle fondamentali norme che fino ad oggi hanno garantito la tutela della fauna selvatica. Ciò avviene attraverso il ricorso a forzature normative e ad una narrazione ideologica basata sul concetto che la natura è pericolosa e deve essere gestita dall’uomo a suon di fucilate.

Si è così partiti dall’emendamento “caccia selvaggia”, inserito forzatamente nella legge di bilancio nel dicembre 2022, che ha aperto alla possibilità di sparare senza limiti in aree protette e città, anche nei giorni vietati e a specie protette, fino ad arrivare agli emendamenti “natura avvelenata” attualmente in discussione al Senato, anche in questo caso inseriti in un testo di legge che parla di tutt’altro, che prevedono la violazione del Regolamento europeo che per tutelare la salute limita l’utilizzo delle munizioni di piombo nelle zone umide, nonché la possibilità per le regioni di decidere le specie cacciabili senza alcun obbligo di rivolgersi ad ISPRA. Questi emendamenti prevedono, inoltre, l’impossibilità per i giudici di sospendere immediatamente la caccia, anche in casi di eccezionale gravità ed urgenza, con uno strumento normativo oggi molto utilizzato proprio per rimediare alle continue violazioni delle regioni.

È evidente come queste misure siano tutte contrastanti con la Costituzione, che pone la tutela di ambiente, biodiversità, ecosistemi ed animali tra i principi fondamentali dell’ordinamento, ma anche con le norme europee, come ha avuto modo di segnalare formalmente la Commissione europea.

Il rischio, ormai molto più simile ad una certezza, è che queste concessioni illegittime, basate solo su logiche elettorali a beneficio di una limitata categoria di cittadini, debbano essere pagate da tutti gli italiani, considerati i danni irreversibili al patrimonio naturale e le dure condanne da parte delle corti nazionali ed europee a cui andremo incontro.

Nel frattempo, aumentano gli episodi di bracconaggio contri i grandi carnivori (come accaduto recentemente con l’orsa Amarena), aumenta il traffico di specie animali protette, a partire dagli uccelli, che arricchisce criminali senza scrupoli. Ma in questo caso il Governo non è altrettanto attento.

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