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Il ritorno dei grandi carnivori

Nella nostra cultura i predatori hanno da sempre assunto una connotazione negativa, frutto di rapporti conflittuali quando l’Italia e l’Europa erano prettamente agricole e rinforzata anche da favole e leggende quasi sempre esagerate. Non c’è dubbio che le…

Nella nostra cultura i predatori hanno da sempre assunto una connotazione negativa, frutto di rapporti conflittuali quando l’Italia e l’Europa erano prettamente agricole e rinforzata anche da favole e leggende quasi sempre esagerate.
Non c’è dubbio che le sorti di lupo, orso e lince siano indissolubilmente legate alla loro immagine nella nostra cultura. Già negli anni ’70, un WWF visionario lanciò l’Operazione San Francesco per riqualificare l’immagine lupina e salvare una specie ad un passo dall’estinzione. Poi venne la modifica della legge sulla caccia, nel 1977 e poi nel 1992, che elevò il lupo e gli altri carnivori al rango di specie protetta e negli anni a venire anche la mentalità cominciò a cambiare.
Nel frattempo l’uomo abbandonava le aree agricole sulle colline e in montagna, popolava le città e i boschi tornavano a crescere. I pericolosi incontri con l’uomo si facevano più rari e il questi splendidi predatori stanno riconquistando il loro spazio. Un’impresa non facile con tre storie anche molto diverse.
Il lupo da appena 100 esemplari negli anni ‘70 è tornato oggi in molte parti del Paese con oltre 1.200 esemplari, e anche in molti Paesi d’Europa è in aumento: Germania, Spagna, Scandinavia, Balcani e Est-Europa.
La storia dell’orso bruno è una storia diversa. L’orso bruno marsicano continua a sopravvivere tra mille difficoltà, burocrazia e bracconaggio con circa 60 esemplari nell’Appennino centrale. Sulle Alpi ormai se ne contano altrettanti (erano rimasti in due nel 1988)  dopo il successo della reintroduzione con orsi sloveni, al quale collaborò anche il WWF, a iniziare dal 1999.
Oggi in Europa si contano circa 14.000 esemplari, più un terzo dei 100.000 orsi presenti in tutta la Russia, con 12 popolazioni distinte, 5 delle quali con meno di 100 individui. Resta comunque una situazione sempre in bilico.
La lince è ancora limitata con pochi individui ad alcuni settori alpini in fase di lenta espansione dalle popolazioni trans-alpine (Svizzera, Austria e Slovenia) dove è stata reintrodotta (l’ultima era stata uccisa nel Gran Paradiso nel 1918)  con individui dei Carpazi. La presenza sull’Appennino è molto controversa e plausibilmente conseguenza di introduzioni occasionali.
Il WWF in quasi 50 anni di storia ha sempre lavorato per la sopravvivenza di queste specie, gestendo i conflitti con l’uomo. Solo riducendo i danni sul bestiame domestico si può aumentare il livello di tolleranza da parte delle popolazioni umane. Oggi è tutto più difficile per il maggiore numero di animali, l’ampio territorio utilizzato, per le profonde trasformazioni del mondo dell’allevamento e, in ultimo, per la crisi economica che riduce le possibilità di intervento.
Tutto ciò in un contesto ancora spesso ostile alla presenza dei predatori: il bracconaggio con lacci, veleno e armi da fuoco continua a mietere vittime ogni anno. Solo per guardare alla cronaca recente, gli orsi sparati e avvelenati anche nel Parco d’Abruzzo e i lupi uccisi e decapitati in Maremma, sono atti di barbarie che un paese che si definisce civile non può tollerare. Il WWF per questo ha lanciato una campagna contro i crimini di natura, proponendo una modifica delle norme con inasprimento delle pene e sanzioni per chi uccide una specie particolarmente protetta della nostra fauna selvatica. Una firma per sostenere questa proposta può fare la differenza tra la vita e la morte di un lupo, un orso o una lince.

Fabrizio Bulgarini, Responsabile Area biodiversità WWF

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