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In Sardegna esisteva un paradiso. E’ andato a fuoco

Esisteva un paradiso, dalle pendici del Monte Linas si estendeva una foresta secolare che dal valico di Bidderdi si protraeva fino alla costa, precisamente nel deserto di Piscinas dove i ginepri secolari si affacciavano fino alle candide smisurate…

Esisteva un paradiso, dalle pendici del Monte Linas si estendeva una foresta secolare che dal valico di Bidderdi si protraeva fino alla costa, precisamente nel deserto di Piscinas dove i ginepri secolari si affacciavano fino alle candide smisurate spiagge e nel mare smeraldino. Era la casa del cervo sardo, era uno scenario unico al mondo, dalla montagna si passava rapidamente alla costa accompagnati da tutte quelle tonalità di verde che svettavano anche sulle sabbie dunali. Tra i rilievi verdeggianti come le porte di un eden si apriva uno scenario stupendo, il mare della costa ovest della Sardegna. Era l’area prediletta dal cervo sardo, erano presenti infiniti endemismi e ricchezze sul piano faunistico e botanico. Tra i cardini della mia esistenza c’erano le immagini impresse di quei luoghi. Quando ero lontano, quando ero triste, pensavo a quell’eden. I miei nonni hanno visto la luce in quei rilievi e una parte consistente del mio tempo l’ho dedicata alla fotografie e ad una venerazione quasi religiosa di quei luoghi.
La loro distruzione è una perdita spirituale per gli abitanti, e per chiunque abbia amato questi luoghi, perchè non ci si fermava semplicemente ad ammirarli, ci si innamorava. Una parte di quel patrimonio è andata distrutta sotto le fiamme di quel gigantesco rogo che ha imperversato tra il 31 Luglio e il 1 Agosto 2017 nei Comuni di Arbus, Gonnosfanadiga e Fluminimagiore. Queste date per noi che siamo nati e cresciuti in quei posti rimarranno scolpite nella memoria. Adesso resta un vuoto e forse la rabbia per ciò che è accaduto, per ciò che poteva essere e magari si sarebbe potuto fare. Rimangono gli interrogativi sulla tempestività di intervento, sulla assenza di strisce parafuoco per decine chilometri, sulle attività di prevenzione e soprattutto sulla possibile dolosità del rogo. Adesso è il momento di individuare le cause e le responsabilità, è il momento di schierarsi al fianco di un popolo che ama visceralmente la propria terra e aiutarlo ad avere giustizia e maggiori garanzie per il futuro. Le genti che abitano queste terre amano e vivono la natura in modo costante e spesso chi vive la montagna con i più disparati fini ne è anche il primo amante e custode.
E’ una zona che dipende integralmente dal suo territorio sia sul piano sociale che economico. Bisogna dunque schierarsi al fianco di queste persone, aiutarle ad avere la giustizia che meritano e far sì che siano esse stesse i primi promotori della tutela del territorio. Bisogna poi agire a livello più alto, comprendere cosa sia successo a livello tecnico e a livello istituzionale, cosa abbia permesso concretamente che un rogo sorto nel cuore del Campidano abbia percorso inarrestato decine di chilometri giungendo fino al mare. Bisogna comprendere dunque quali mezzi porre in essere affinchè un disastro simile non accada mai più.

Andrea Sardu

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