24mila miliardi di microplastiche sulla superfice degli oceani
Le microplastiche sono tra le emergenze più gravi del nostro secolo: stiamo affrontando una vera e propria crisi planetaria legata all’inquinamento da plastica nell’ambiente.
Si stima, infatti, che ci siano 24mila miliardi di microplastiche sulla superficie degli oceani del mondo: 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia! Hanno pervaso suolo, acqua e aria risalendo anche la catena alimentare fino a noi.
Cosa sono le microplastiche
Le microplastiche sono delle particelle di materiale plastico con dimensioni inferiori a 5 millimetri. In base alla loro origine si suddividono in: primarie, fabbricate intenzionalmente come tali e disperse direttamente nell’ambiente sotto forma di granuli, dischetti o fibre, e secondarie, prodotte dalla degradazione degli oggetti di plastica più grandi.
Chi le ingerisce
L’ingestione di microplastiche è nota in molte specie, soprattutto in ambiente marino: dal plancton alla base della rete alimentare, ai pesci, uccelli, tartarughe fino alle balene, foche e orsi polari. Gli organismi ingeriscono le microplastiche accidentalmente, attraverso la filtrazione o l’ingestione delle prede, oppure perché ne vengono ingannati: per molti animali la plastica non solo può avere dimensioni simili al cibo, ma può anche avere lo stesso odore e sapore per la presenza di sostanze, alghe e batteri che gli conferiscono un tipico “sapore di mare”. Anche il colore e il suono che la plastica emette in mare fanno sì che venga scambiata da molte specie per cibo, rimanendone ingannati.
La nostra sicurezza alimentare a rischio
La diffusione delle microplastiche nell’ambiente marino e terrestre pone seri rischi anche per la nostra sicurezza alimentare. Ogni settimana possiamo ingerire oltre 5 grammi di microplastiche (l’equivalente di una carta di credito) attraverso l’aria, acqua, frutta, verdura, pesci e molluschi, soprattutto quelli che si mangiano interi. Le microplastiche sono di conseguenza state ritrovate nelle feci umane (anche quelle dei bambini), nella placenta e recentemente anche nel sangue e nelle aree profonde dei polmoni.
L’aspetto più pericoloso delle microplastiche è la loro capacità di assorbire contaminanti ambientali (metalli pesanti, pesticidi, PCB e molto altro) per poi rilasciarli negli organismi che le ingeriscono, assieme alle sostanze di cui sono esse stesse fatte (ftalati, ritardanti di fiamma).
Ciò espone gli organismi a un vero e proprio cocktail di sostanze chimiche nocive che possono bioaccumularsi e biomagnificare (aumentare esponenzialmente lungo la rete alimentare). I principali effetti di questa ingestione vanno da lesioni e infezioni interne, soffocamento alla riduzione dell’alimentazione (a causa del senso di pseudo-sazietà), fino ad arrivare ad effetti più gravi l’interferenza con il sistema ormonale, neurotossicità e morte. A livello ecosistemico non sono ancora chiari gli impatti, ma si pensa che le microplastiche influenzino il ciclo dei nutrienti nei vari comparti ambientali e possano modificare la struttura di intere comunità.
Percorriamo la strada della sostenibilità
Una cosa è chiara: il problema non potrà che crescere se continuiamo a produrre e disperdere plastica nell’ambiente ai livelli attuali. Per mettere un freno a questo inquinante così diffuso bisogna ridurne la produzione, soprattutto degli oggetti monouso, puntare sul riutilizzo, selezionare materiali alternativi, potenziare il riciclo e il mercato delle materie prime secondarie. Le strade della sostenibilità esistono e sono percorribili.
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