Riciclo, riduzione, riutilizzo per la sostenibilità
Oggi si celebra la Giornata Internazionale del riciclo. Il WWF ricorda che ognuno di noi produce in media 1 kg di rifiuti al giorno, 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi prodotti solo nel 2020. Purtroppo, dell’enorme volume di scarti prodotti, a livello globale meno del 20% viene riciclato, mentre ingenti quantità vengono ancora smaltite in discariche, con enormi rischi di inquinamento di aria, suolo e acqua e rischi per la nostra salute. Ci ostiniamo a vivere in modo non sostenibile e a continuare ad applicare i principi di un’economia lineare al posto dell’unica in grado di garantirci un futuro, l’economia circolare, come segnala oggi il WWF in occasione del Global Recycling Day.
Cambiare i nostri modelli di consumo
La quantità di rifiuti che generiamo è strettamente legata ai nostri modelli di consumo e di produzione. Nei prossimi 30 anni, con la rapida crescita della popolazione mondiale, i consumi e l’urbanizzazione, la produzione di rifiuti dovrebbe salire a 3,4 miliardi di tonnellate, un aumento del 73%. Produciamo una tale quantità di materiali che nel 2020, per la prima volta nella storia umana, la massa di tutti i manufatti artificiali realizzati dalla specie umana (in plastica, cemento, metallo, tessuto, carta, legno ecc.) ha superato la biomassa di tutti gli organismi viventi sulla Terra. Una gestione inadeguata dei rifiuti ha un impatto diretto sul cambiamento climatico e sull’inquinamento atmosferico e delle risorse idriche, e colpisce direttamente molti ecosistemi e molte specie, oltre che la nostra stessa salute. Ma ha anche un impatto indiretto sull’ambiente: infatti tutto ciò che non viene riciclato rappresenta una perdita di materie prime.
L’invasione della plastica
La plastica, per esempio, è il terzo materiale prodotto dall’uomo più diffuso sulla Terra, dopo acciaio e cemento. Negli ultimi 60 anni, abbiamo prodotto oltre 8 miliardi di tonnellate di plastica, una quantità inimmaginabile, di cui oltre il 70% è già diventato un rifiuto. Di questa plastica scartata, in media il 9% è stato riciclato – una percentuale incredibilmente bassa – il 12% incenerito e il 79% è finito nelle discariche e nell’ambiente terrestre e marino. Ogni anno ne continuiamo a produrre circa 450 milioni di tonnellate. Metà di tutta la plastica che produciamo è progettata per scopi monouso: basti pensare che nel mondo, ogni minuto vengono acquistate un milione di bottiglie di plastica.
Il risultato è che generiamo oltre 300 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Queste grandi quantità di plastica che l’uomo ha prodotto e produce non sono biodegradabili e ciò significa che, se disperse in Natura, rimarranno per secoli, se non per millenni, cosa che ci deve far riflettere sul modo con il quale utilizziamo la plastica e cosa ne facciamo una volta utilizzata.Quando i rifiuti di plastica non vengono gestiti correttamente le ricadute sul nostro ambiente e sulla nostra salute sono devastanti. La presenza della plastica, diffusa ormai in tutti gli ambienti terrestri e marini, sta creando danni, spesso irreversibili, alla salute di moltissime specie viventi. Di pochi giorni fa uno studio che identifica una nuova patologia, la “plasticosi”, causata come suggerisce il nome, dall’ingestione di plastica e che colpisce un uccello marino (la berta piedicarnici, Ardenna carneipes), provocando danni al sistema digerente e rallentandone la crescita.
L’economia lineare produce scarti
Ma le evidenze scientifiche degli impatti della plastica sulla biodiversità riguardano moltissimi altri organismi, da piccoli pesci a grandi mammiferi marini, dagli insetti e agli animali al pascolo. Le plastiche disperse nell’ambiente sono ormai ovunque. Purtroppo, sono state rinvenute anche nel corpo umano. Capaci di trasportare pericolosi interferenti endocrini e altre sostanze potenzialmente tossiche, si diffondono nel sangue, penetrano nei polmoni e nell’apparato digerente a causa dell’inquinamento di numerosi ecosistemi, della sua presenza nei cibi, nell’acqua, nei vestiti, in quasi ogni cosa che ci circonda.
“Serve passare da un’economia che ha creato danni ad un’economia che crei benessere. Deve cessare l’ottica lineare e “distruttiva” in cui le materie prime, che vengono utilizzate per realizzare un prodotto, quando non serve più, vengono smaltite, distrutte o peggio disperse nell’ambiente, ad una visione in cui le materie prime, attraverso il riciclo, non finiscano come rifiuti nelle nostre discariche o nei nostri oceani, ma come materiale rimesso in circolo nel sistema per essere riutilizzato.” afferma Eva Alessi, responsabile sostenibilità del WWF Italia “Il riciclo, insieme alla riduzione e al riutilizzo dei nostri materiali, è una soluzione fondamentale per passare dal nostro attuale approccio “prendi, produci, spreca” a uno più sostenibile e circolare.”
“L’economia circolare e il riciclo aiutano a proteggere il Pianeta e le sue risorse naturali più importanti, da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza. Non solo risparmio di risorse, ma anche riduzione di energia e quindi di gas serra” (Eva Alessi, Resp. Sostenibilità WWF)
In pochi sanno che l’Italia è un’eccellenza tra i Paesi europei nel riciclo dei rifiuti. Negli ultimi 25 anni, siamo infatti passati da una situazione di emergenza a una posizione di eccellenza con un’industria del riciclo in costante crescita sia quantitativa sia qualitativa. Secondo il CoNaI (Consorzio Nazionale Imballaggi) ogni italiano avvia al riciclo circa 146 kg di imballaggi all’anno, cosa che ha contribuito a risparmiare 12 milioni di tonnellate di materiale vergine (pari a 790 torri di Pisa) ed evitare l’emissione in atmosfera di circa 9,5 milioni di tonnellate di CO2eq (il quantitativo di 22mila voli A/R Roma-New-York). Nonostante gli ottimi risultati dell’Italia nella raccolta differenziata e nel riciclo, rimane una situazione a livello regionale ancora a macchia di leopardo e la produzione di rifiuti è in continua crescita (502 kg è la quantità di rifiuti pro capite prodotta in 1 anno da ogni italiano). Un ulteriore problema da affrontare riguarda il traffico illegale, il cui impatto ambientale raggiunge in molti casi valori allarmanti.