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La natura non ama il vuoto: le meduse al posto dei pesci

Stessa spiaggia, stesso mare… proprio per niente! Il Mediterraneo non è più lo stesso. E non servono statistiche, basta andare in pescheria. Parola di Ferdinando Boero, professore di Zoologia e Biologia Marina all’Università del Salento e membro del…

Stessa spiaggia, stesso mare… proprio per niente! Il Mediterraneo non è più lo stesso. E non servono statistiche, basta andare in pescheria. Parola di Ferdinando Boero, professore di Zoologia e Biologia Marina all’Università del Salento e membro del Comitato Scientifico WWF. «Ho 63 anni, quando ero ragazzino al banco trovavo i pesci del Mediterraneo. Oggi la gran parte è di allevamento o proviene da altre acque. Il motivo è semplice: ci sono sempre meno pesci in mare, altrimenti mangeremo quelli».

«I pesci di acquacoltura sono alimentati con farine di pesci più piccoli. Come se allevassimo leoni (orate, spigole, ecc.) e li nutrissimo con gazzelle. È una pratica folle, che sta ulteriormente depauperando le risorse marine». E cosa c’entri tutto questo con le invasioni delle meduse è presto detto. «La natura non ama il vuoto. E se c’è, lo riempie con qualcos’altro, cioè con le meduse, che sono una causa importante di mortalità dei pesci in quanto sono predatori delle loro uova e larve e si nutrono del loro cibo», spiega Boero, che sulla presenza della specie ha anche condotto il recente studio per la Fao.

Le invasioni di meduse sono dunque un campanello d’allarme: la pesca è fuori controllo. Non solo. L’intervento dell’uomo si fa sentire anche a ridosso delle nostre coste: modificando questi ecosistemi marini, si può favorire lo sviluppo dei polipi, cioè degli stadi giovanili delle meduse (da non confondersi con i polpi). “Faccio un esempio: sulla costa dell’Adriatico, per difendere la ferrovia dal mare, è stato edificato un muro lungo 500 chilometri, che ha trasformano il litorale da sabbioso a roccioso. Questa barriera difensiva ha fatto sì che si sviluppasse un ulteriore substrato per i polipi, i quali quindi hanno maggiore possibilità di concludere il loro ciclo biologico e di diventare nuove meduse che andranno a popolare questa zona”.

Un’altra causa dell’aumento delle meduse nelle nostre acque è il riscaldamento globale. Così a fianco alle specie residenti, come la pelagia o la velella, arrivano quelle “aliene”. Per tutto lo scorso inverno, ad esempio, ha bazzicato nel Golfo di Venezia e in quello di Trieste la Pelagia benovici, nuova specie di medusa mai vista prima nel Mediterraneo. Oggi sembrerebbe essersi estinta localmente, ma altre volte le specie straniere si radicano e si moltiplicano fuori misura. “Nel Mediterraneo orientale, ad esempio, la Rhopilema nomadica è entrata dal canale di Suez e ha sviluppato enormi popolazioni in quella porzione del mare nostrum: ci si è trovata bene perché le condizioni del mare sono diventate favorevoli alle specie tropicali”.

C’è stato un cambiamento di regime, dice l’esperto: siamo passati da un mare di pesci a un mare di meduse. «Se prima assistevamo a picchi di presenza di meduse ogni 10-15 anni, nell’ultimo decennio abbiamo un’invasione all’anno. Non passiamo sapere quanto durerà, ma una cosa è certa: solo pescando in modo più responsabile aumenteranno i pesci e diminuiranno le meduse».
(articolo di Natascia Gargano tratto da “Panda”  n 3, maggio-giugno)

Dal monitoraggio scientifico del fenomeno delle meduse, che è anche un servizio per i turisti e bagnanti, è nato il sito meteomeduse

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