L’economia e la biodiversità del Mediterraneo sono minacciate da nuove specie invasive
I pesci leone, anche conosciuti come pesce scorpione, sono creature strane e bellissime. Striati di bianco sporco e di marrone dorato a strisce di tigre, si aggirano tra le rocce e le scogliere del Mediterraneo come galeoni in miniatura, con le ampie pinne aperte come vele e sormontati da una cresta di alti aculei increspati.
Ma la bellezza di questa specie è l’ultima cosa a cui pensa Mehmet, mentre apre il ventre del pesce leone che sta pulendo sulla banchina di Kaş, in Turchia. L’ex sommozzatore pesca volontariamente questa specie da quattro anni, per lottare contro una specie invasiva che minaccia il sostentamento dei pescatori artigianali del Mediterraneo meridionale e orientale.
Il cambiamento climatico sta colpendo il Mediterraneo più duramente rispetto alla maggior parte degli altri mari e le specie invasive che prosperano nelle acque sempre più calde sono uno degli effetti più visibili. La trasformazione è stata rapida, con quasi 1.000 nuove specie registrate nel bacino negli ultimi decenni. Alcuni di queste specie invasive tropicali – la maggior parte dei quali arriva attraverso il Canale di Suez dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano, altre tramite le acque di zavorra delle navi – hanno portato alla distruzione degli ecosistemi nativi, già messi a dura prova da una serie di pressioni antropiche insostenibili.
Lo stomaco del pesce leone può espandersi fino a 30 volte le sue dimensioni normali per ospitare tutto ciò che riesce ad ingerire, cioè praticamente tutto. Essendo un nuovo predatore nelle acque del Mediterraneo, le sue prede non sanno come evitarlo e la maggior parte delle sue potenziali specie di predatori – cernia crepuscolare e simili – sono state ampiamente sfruttate. I pesci leone si riproducono e crescono velocemente e, con l’aumento del loro numero, le specie predate diminuiscono drasticamente. Tali specie sono quelle da cui i piccoli pescatori del Mediterraneo dipendono da generazioni.
Pescatori di Kaş come Mehmet (a destra) stanno imparando a pescare e pulire i pesci leone
©Emirhan Karamuk
Osman Dogan è uno di loro. Insieme alla moglie Emine, pesca da 40 anni, ma tutto sta cambiando. “Una volta c’erano molti pesci, ora non è più così”, dice. “Non c’è quasi niente. Specie come il pesce palla e il pesce leone hanno divorato gli altri pesci. Dove si pesca il pesce leone non c’è altro. Lo stesso vale per il pesce palla”.
Emine non si fa illusioni sulla situazione e la riassume senza mezzi termini: “Potremmo essere l’ultima generazione di pescatori se le cose non cambieranno”.
Il pesce leone è un caso emblematico: il primo esemplare del Mediterraneo è stato registrato in Israele solo nel 1991, ma da allora si è diffuso rapidamente nelle acque calde della regione, devastando gli stock ittici autoctoni in molte aree. Ci sono stati altri nuovi arrivi altrettanto distruttivi. Banchi di sigano erbivori nelle acque greche e turche hanno abbattuto complesse foreste di alghe ricche di biodiversità senza lasciare nulla e provocando un’enorme riduzione del numero di altre specie – e in alcune zone della Turchia i sigani rappresentano ora l’80% delle catture dei pescatori artigianali. Nel frattempo, due nuove specie di granchi blu – il cui numero sta crescendo rapidamente – si stanno dimostrando voraci predatori che si nutrono di tutti i tipi di crostacei, molluschi e pesci autoctoni, distruggendo le reti e sconvolgendo gli habitat.
In tutti e tre questi casi, così come in molti altri, l’arrivo delle nuove specie ha trasformato radicalmente gli ecosistemi nativi nel giro di pochi anni – e ha stravolto le tradizioni di pesca dei pescatori artigianali basate sulle prosperose risorse marine locali. Le specie aliene non solo predano e competono con le altre specie, ma causano anche altri problemi. I pesci leone hanno spine, pinne e code velenose, il che rende difficile districarli in sicurezza dalle reti da pesca, e anche i sigani sono velenosi. Per quanto riguarda i granchi blu, le loro chele affilate danneggiano gli attrezzi da pesca in modo così efficace che molti pescatori hanno smesso di calare le reti nelle zone in cui si trovano.
Il WWF lavora con le comunità di pescatori in Turchia, Grecia e Tunisia che combattono ogni giorno contro questi cambiamenti e con la necessità di trovare alternative immediate efficaci nel lungo termine per affrontare il tema prioritario delle specie invasive.
Una delle soluzioni a cui stiamo lavorando insieme ai pescatori di Kaş è quella di puntare deliberatamente sulle specie invasive, progettando nuove catene di approvvigionamento per gestire e introdurre la nuova specie ai consumatori e creare nuovi mercati. Nonostante le problematiche che le specie invasive hanno comportato, i pesci leone rappresentano una risorsa deliziosa da gustare con le patatine fritte, i sigani sono considerati una prelibatezza in alcune zone (a Creta si vendono fino a 25 euro al chilo) e per i granchi blu è stato rapidamente creato un nuovo mercato di esportazione da milioni di euro.
Ci sono due vantaggi principali. La pesca di queste specie può essere uno strumento efficace per il controllo della crescita delle popolazioni di specie aliene e, attraverso un buon mercato per questo tipo di pescato, la vendita di nuovi pesci può compensare almeno in parte il reddito ridotto dei pescatori dovuto alla scomparsa degli stock ittici storici.
Il WWF è molto impegnato in questi sforzi. Non si tratta di ripristino ambientale: ormai non si può tornare al Mediterraneo di 20 anni fa. L’obiettivo è invece quello di facilitare il passaggio alla nuova realtà, limitando i danni causati dalle specie invasive e sostenendo allo stesso tempo i pescatori che si adattano al cambiamento degli ecosistemi marini.
Si tratta però di una sfida enorme. Catturare gli le specie invasive in modo sicuro è solo il primo degli ostacoli da superare: i pescatori di granchio blu devono trovare le risorse per passare dalle reti alle nasse; i pescatori di pesci leone devono rimuovere le parti velenose, e finora solo pochi esperti come Mehmet sono capaci, anche se lui può lavorare fino a 60 kg al giorno. Una volta puliti e sfilettati, i pesci leone sono semplici da cucinare, ma bisogna trovare ristoranti disposti a creare piatti e ad inserire novità nel menu, e a loro volta i ristoratori hanno bisogno di un numero sufficiente di clienti pronti a provare qualcosa di nuovo.
“Lo prepariamo come il fish and chips”, dice Elif Terzioglu, direttrice di uno dei due ristoranti di Kaş che ora servono il pesce leone. Grazie alle campagne pubblicitarie, il pesce leone è stato incluso anche nel menu del popolare programma televisivo MasterChef Turchia.
I ristoranti e i consumatori svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere il mercato delle specie invasive
©Emirhan Karamuk
Gli sforzi del WWF per promuovere il pesce leone, il sigano e altre specie invasive nel Mediterraneo stanno iniziando a guadagnare attenzione e riconoscimento: sia che si tratti di formazione ai pescatori sulla corretta gestione delle risorse e sicurezza sul lavoro, sia che si tratti di promuovere l’uso di specie aliene presso i fornitori, di aiutare gli chef a ideare ricette a base di nuove specie o di sensibilizzare i consumatori al consumo responsabile. Per ironia della sorte, gli sforzi per sfruttare i granchi blu in alcune regioni hanno avuto un tale successo che i pescatori vogliono ora proteggerli, gestendo le loro nuove attività di pesca allo stesso modo delle attività per altri stock pregiati.
Con l’aumento delle temperature, le specie invasive continueranno a diffondersi nel Mediterraneo. Questo è un mondo nuovo per tutti e sta a noi capire come viverci al meglio, adottando tutte le misure possibili per mitigare i cambiamenti. Abituarsi a ordinare pesce leone e patatine fritte potrebbe essere un modo utile – e piacevolmente gustoso – per andare avanti…
Questa è la quarta di una serie di 5 storie di “pescatori in transizione” che stanno collaborando con il WWF per sperimentare nuovi approcci per migliorare la sostenibilità della pesca e che potrebbero essere estesi a tutto il Mediterraneo grazie all’attuazione del Regional Plan of Action on Small-Scale Fisheries FAO-GFCM (RPOA-SSF) entro il 2028.
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