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Lettera di Fulco Pratesi ai Soci, sostenitori e amici degli animali

Un vento di barbarie sta attraversando il Pianeta. Un’umanità impazzita si scaglia contro i propri simili causando stragi ed esodi biblici. La natura non sfugge a queste mortali aggressioni. Intere regioni, un tempo ricche di biodiversità, vengono rase…

Un vento di barbarie sta attraversando il Pianeta.
Un’umanità impazzita si scaglia contro i propri simili causando stragi ed esodi biblici. La natura non sfugge a queste mortali aggressioni. Intere regioni, un tempo ricche di biodiversità, vengono rase al suolo, specie animali uniche sono massacrate. Le risorse marine sono saccheggiate e le ricerche petrolifere uccidono i grandi cetacei e ne compromettono gli habitat.

Questo ritorno di ferocia belluina
in nome del profitto non risparmia neppure il nostro Paese.
Un Paese che pure aveva dato al mondo, non solo tesori di arte e di civiltà ma anche aveva saputo assicurare – grazie alla creazione di aree protette e all’aumento delle foreste – la sopravvivenza di preziose specie, dallo stambecco al lupo italico, dal camoscio d’Abruzzo all’orso.

Ora proprio su quest’ultima meravigliosa specie si stanno rivolgendo gli attacchi di una parte non trascurabile del Paese, spinta da atavici e non giustificati timori,  ignorando la storia che ha fatto della salvezza degli ultimi orsi delle Alpi un esempio di civiltà e di progresso.
Gli sforzi generosi di tanti ricercatori, naturalisti, sociologi, erano riusciti a riportare sulla Catena alpina, con la collaborazione concreta del WWF, gli orsi bruni, ridotti, negli anni 80 dello scorso secolo, a soli due-tre esemplari. La  morte improvvida e da tutti deprecata dell’orsa Daniza – responsabile del ferimento di un cercatore di funghi – che ha lasciato orfani i due suoi cuccioli, è divenuta oggi il simbolo di una nuova crescente intolleranza tra uomo e animali che rischia di annullare decenni di civile convivenza nel nome del Santo patrono dell’Italia.
E non si può ignorare la strage strisciante e continua che sta decimando con veleni, trappole, malattie, fucilate anche la preziosa ultima popolazione di orsi marsicani, una specie unica al mondo.
Nessuna Associazione, Ente, Ministero, organizzazione ha, più del WWF, operato, pur in situazioni spesso molto difficili, per la salvezza degli ultimi grandi carnivori europei. A iniziare da lupo appenninico che deve solo alla nostra Associazione la sua sopravvivenza, dato che nel 1973 non più di cento esemplari vivevano asserragliati in Abruzzo e in Calabria.
Per quanto riguarda gli orsi, è all’organizzazione che ha un orso come simbolo, che va il merito di aver sempre sostenuto, con fatti e non solo con parole, la loro specie.
Risarcendo, ancora quasi mezzo secolo fa, i danni da esse provocati; assoldando guardie per la loro sorveglianza; piantando alberi da frutto per sopperire alla loro alimentazione e tenerli lontani dai pericoli; donando recinti elettrificati in difesa degli alveari e del bestiame; istituendo la Banca delle pecore per fornire agli allevatori esemplari in sostituzione di quelle persi; creando e gestendo Aree protette e Programmi comunitari  sulle Alpi e sugli Appennini; ottenendo decreti e finanziamenti per limitare le uccisioni; organizzando musei e corsi per diffondere la loro importanza e creare un’opinione pubblica favorevole al loro ritorno. Sono stati da noi organizzati gli Avvocati dell’Orso in loro difesa. Ed è ancora grazie al WWF che l’orso è oggi tutelato dalle maggiori Convenzioni europee.
Infine si è lavorato per decenni per far sì che la convivenza tra uomo e orso garantisca, pur con i possibili conflitti, i reciproci diritti nel nome della tolleranza indispensabile in un mondo sempre più affollato e avido.
Si poteva fare di più? Forse. Ma nessuno può accusare il WWF di non aver fatto  tutto il possibile con volontari, finanziamenti, interventi legislativi, anche in tempo in cui la marea selvaggia dell’intolleranza non risparmia alcuno.
E questo ci offre il destro di ringraziarvi per quanto avete fatto in tutti questi anni e per chiedervi di aiutarci ancora in questi difficili tempi.

Fulco Pratesi

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