Nel corso degli ultimi otto anni, mentre gli impatti climatici accelerano, i Governi dei Paesi sviluppati hanno incanalato più di 73 miliardi di dollari di denaro pubblico in progetti legati al carbone, il più sporco dei combustibili fossili. Il finanziamento, che ammonta a 9 miliardi di dollari l’anno, sta causando tanto inquinamento come quello prodotto dall’Italia rivela il nuovo rapporto lanciato dal WWF Internazionale, Natural Resources Defense Council e Oil Change International: UNDER THE RUG. How Governments and International Institutions are hiding billions in support to the coal – Sotto il tappeto: così i Governi e le Istituzioni internazionali nascondono miliardi a sostegno dell’industria del carbone.
Oggi e domani, i 34 paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) – con i Paesi dell’Unione Europea che costituiscono quasi i due terzi dei membri dell’OCSE – si riuniscono per l’incontro ministeriale annuale. Mentre il 7 e 8 giugno, i Capi di Stato e di Governo del G7 si incontreranno in Germania. Per garantire la loro credibilità sul cambiamento climatico, i leader mondiali devono cogliere queste importanti opportunità politiche e smettere di sostenere l’industria del carbone all’estero.
“Molti governi dei Paesi sviluppati che sostengono ambiziose azioni per il clima, finanziano contemporaneamente l’industria del carbone all’estero. Non possono fare entrambe le cose ed essere credibili“, ha dichiarato Samantha Smith, Leader della Iniziativa Globale su Clima ed Energia del WWF. “Per le nazioni ricche è tempo di investire i loro soldi in soluzioni, come le energie rinnovabili, piuttosto che utilizzare il denaro dei contribuenti per alimentare il cambiamento climatico“.
Il report rivela che tra il 2007 e il 2014 la finanza pubblica internazionale che investe in carbone è responsabile di livelli di inquinamento di gas a effetto serra pari a quasi mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica equivalente all’anno.
Il Giappone è il Paese che maggiormente sostiene l’industria del carbone, con oltre 20 miliardi di dollari di finanziamenti. Nel club OCSE – le cui ufficiali Agenzie di Credito all’Esportazione forniscono quasi la metà dei finanziamenti internazionali al carbone – Corea e Germania sono i principali Paesi ad investire nella fonte fossile più sporca.
Il resto degli investimenti pubblici in carbone viene da istituzioni di finanza pubblica cinesi e russe (23 per cento) e da Banche Multilaterali di Sviluppo (22 per cento). Il rapporto smentisce nettamente l’affermazione che il finanziamento alle esportazioni di carbone è necessario per combattere la povertà energetica nei Paesi in via di sviluppo. Lo studio internazionale mostra chiaramente che i crediti per l’esportazione del carbone NON sono andati ai Paesi a basso reddito, ma addirittura un quarto del totale è andato ai Paesi ad alto reddito.
L’Unione Europea non è ancora riuscita a concordare una posizione ufficiale, dal momento che gli Stati membri sono ancora divisi: alcuni sono disposti a porre fine al sostegno per gli impianti a carbone, altri invece sono più riluttanti.
“La COP 21 di Parigi è dietro l’angolo. Per i Paesi Europei e per le istituzioni che governano l’UE è giunto il momento di porre fine ai rinvii e dare un segnale chiaro di autorevolezza mondiale“, ha detto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. “L’impegno sul clima e quello a eliminare gradualmente i sussidi ai combustibili fossili devono immediatamente portare l’UE a chiedere all’OCSE la fine dei crediti all’esportazione per il carbone. Nel contesto OCSE e in quello G7, l’Italia ha l’occasione giocare un ruolo di primo piano e di visione, assumendo una posizione chiara ed esercitando pressioni sugli altri paesi affinché abbandonino gli investimenti al carbone e puntino finalmente in modo convinto su fonti rinnovabili ed efficienza energetica”.