La proposta: inserire nella normativa il “Delitto di uccisione di specie protetta” con pene sia detentive che pecuniarie più severe e adeguate
Sono 27 le aree ad alto ‘tasso’ di bracconaggio, comprese quelle marine: l’Italia non fa onore al Cantico delle Creature visto il numero di animali protetti abbattuti e la rarità di alcune specie bersaglio del bracconaggio, come la rarissima aquila di Bonelli sparata ieri in Sicilia e recuperata dal WWF locale. Lo denuncia il WWF alla vigilia della giornata dedicata al Santo e Patrono d’Italia.
Nel suo ultimo dossier WWF #FurtodiNatura: storie di bracconaggio Made in Italy, presentato in questi giorni, il WWF segnala anche una preoccupante “area grigia” tra caccia e bracconaggio: in un territorio già provato da cementificazione, perdita di habitat naturali, inquinamento e cambiamenti climatici l’attività venatoria (compresa quella legale) rappresenta l’ennesima gravissima aggressione alla fauna selvatica. Il territorio ‘aperto’ alle doppiette è molto ampio, 75-80% di quello nazionale: i cacciatori possono entrare anche nei terreni privati senza alcun permesso del proprietario. Quasi l’80% degli illeciti viene commesso durante la stagione venatoria, malgrado questa duri solo 4 mesi. La ‘malacaccia’ si esprime in una varietà infinita di pratiche: abbattimento di specie protette, caccia in aree protette o in periodi non consentiti, con trappole e richiami o con tecniche vietate.
I reati a danno della fauna selvatica sono compiuti per il 78% dai cacciatori, mentre il 19% dei casi si tratta di bracconieri tout court, ovvero, privi di licenze. Nel Dossier WWF il decalogo delle pratiche più frequenti vanno dalla cattura di piccoli uccelli cantori con gli archetti al veleno all’uccisione degli istrici a colpi di bastone o come nel caso della ‘jacca’ una pratica in uso in Puglia in cui i bracconieri, appostati tra gli alberi, in una sola notte uccidono a palettate centinaia di quaglie e altri piccoli uccelli dopo averli abbagliati. Questa pratica è stata per fortuna quasi debellata in alcune aree grazie ad un controllo costante delle Guardie WWF. Una novità positiva è la recente modifica della Legge sulla caccia che obbliga i cacciatori a segnare gli animali appena abbattuti, un sistema che consente di conoscere la vera consistenza del prelievo venatorio.
Tra le richieste del WWF, dopo la recente riforma del Codice Penale che ha introdotto il Delitto contro l’ambiente’, c’è infatti l’inasprimento delle sanzioni penali a tutela della fauna selvatica. Il WWF Italia ha elaborato una proposta di legge proponendo il “Delitto di uccisione di specie protetta”, con pene sia detentive che pecuniarie più severe e adeguate alla gravità. E’ ora che il Parlamento si assuma la responsabilità di avviare subito l’iter di approvazione di questa legge con una corsia preferenziale, anche per garantire la completa applicazione nel nostro Paese delle convenzioni internazionali e delle Direttive europee a difesa della Natura, della Biodiversità, degli animali selvatici e della legalità. Ricordiamo che il bracconaggio è un fenomeno criminale che continua ad uccidere milioni di animali ogni anno, quasi sempre impunemente, con pesanti ripercussioni anche economiche e sociali.
All’inasprimento delle sanzioni vanno affiancate azioni dirette alla formazione e sensibilizzazione delle Forze dell’ordine e della Magistratura sui reati di bracconaggio ed in danno della fauna selvatica. Altrettanto importanti sarebbero campagne di informazione e sensibilizzazione dei cittadini e loro coinvolgimento per segnalare i reati contro la fauna selvatica: i “furti di natura” sono vere rapine di un bene collettivo , un danno grave ed irreversibile all’umanità, ben più gravi dei furti alle proprietà private. Vanno anche creati e mantenuti costanti presidi di vigilanza, sia pubblica sia di volontari , nelle aree individuate a maggior rischio e frequenza di reati in di bracconaggio. L’ultimo gravissimo episodio accaduto in Sicilia di colpi di arma da fuoco ai danni di un giovane esemplare di aquila di Bonelli, salvato grazie ai volontari del WWF di Licata (Agrigento), rende ancor più urgente una rapida e dura presa di posizione del Governo e del Parlamento, che può arrivare fino alla sospensione di ogni attività di caccia. L’Aquila di Bonelli, ormai rara in tutto il bacino del Mediterraneo, è un rapace la cui sopravvivenza risulta oggi in forte pericolo: in Sicilia vive l’unica popolazione ormai nidificante in Italia e la specie è minacciata per la distruzione degli habitat e soprattutto per il commercio illegale dei pulcini. Per anni, infatti, è stata soggetta al prelievo clandestino di uova e piccoli da parte di trafficanti senza scrupoli, che ricavavano dalla vendita illegale di ogni esemplare lauti guadagni. Viene pertanto classificata “In Pericolo Critico (CR)” secondo i parametri scientifici dell’IUCN International Union for Conservation of Nature (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura). La morte di rapaci a causa di arma da fuoco è una delle principali cause di declino della popolazione.
Il WWF Italia chiede infine una presa di posizione ed una fattiva collaborazione dalle associazioni venatorie e dai cacciatori veri per bloccare questo massacro di natura: che ci aiutino a dimostrare che caccia e cacciatori non sono coinvolti in alcuna forma di bracconaggio
La vetrina di Fcebook. La più grande vetrina planetaria delle abitudini umane permette anche di scoprire dove scompaiono gli uccelli migratori che attraversano il Mediterraneo. I cacciatori più esibizionisti postano sulla pagina personale o in uno dei tanti gruppi “venatori”, il frutto delle carneficine: sono le prove inconfutabili dei bracconieri. (https://www.facebook.com/stophuntinglebanon). La smania di protagonismo, una sorta di follia collettiva che ha contagiato i cacciatori del bacino del Mediterraneo, ha consentito alle Guardie WWF di comprendere meglio il fenomeno del bracconaggio. Le immagini che arrivano dal Libano, dalla Siria, dall’Egitto e più recentemente dall’Arabia Saudita non lasciano dubbi. Studi più recenti parlano di 26 milioni di uccelli uccisi illegalmente ogni anno nel Mediterraneo, cifra probabilmente prudenziale. E così si scopre che un solo cacciatore libanese può uccidere 100 Re di quaglie in una mattinata, o decine di aquile anatraie minori, o rigogli e ghiandaie marine a mazzi. .
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