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Papa Francesco e l’ambiente

Come già ho avuto modo di accennare in altri articoli, l’elezione di Papa Francesco è stata una vera rivoluzione nei rapporti tra uomo e uomo e tra uomo e natura. Le sue generose e coraggiose denunce sulle ingiustizie…

Come già ho avuto modo di accennare in altri articoli, l’elezione di Papa Francesco è stata una vera rivoluzione nei rapporti tra uomo e uomo e tra uomo e natura. Le sue generose e coraggiose denunce sulle ingiustizie e sulle aggressioni alla biodiversità del Creato,  la sua coraggiosa Enciclica “Laudato sii”, i ripetuti appelli rivolti ai governi a fermare il riscaldamento globale e gli effetti dei cambiamenti climatici, ne confermano la decisione di scegliere il nome di un Santo che, forse unico, ha avuto un buon rapporto anche con animali e piante selvatici. Così, la sera della sua elezione, guardando la televisione, mi  piacque immaginare che il gabbiano reale posato sul comignolo della Sistina, fosse un simbolo dello Spirito Santo (generalmente impersonato da una candida colomba) sceso a festeggiare il nuovo rappresentante di Dio sulla Terra

Ma la sorpresa più grande e confortante, dopo l’enciclica “Laudato sii” di Papa Francesco, sono state le immagini stupende di tanti animali, soprattutto quelli selvatici, proiettate sulla Basilica di S.Pietro in apertura di Giubileo. Che la nostra Religione, al di là degli appelli alla cura del Creato, sublime opera divina, non mostri particolari trasporti per i nostri fratelli senza voce, lo dicono innumerevoli testimonianze. A iniziare dalla Genesi, nelle quale il  Signore condanna il serpente (pur se metaforico) ad essere “maledetto fra tutti gli animali”. Animali che sono presenti solo nel Presepe (però nonostante la diffusissima tradizione, bue e asinello compaiono solo nei Vangeli apocrifi condannati dalla Chiesa) e in tante citazioni legate alle pecore e agli agnelli di un epoca in cui la  pastorizia era assai diffusa. “Vi erano in quella regione dei pastori che pernottavano in mezzo ai campi per far la guardia al proprio gregge”, (Luca 2,8). Pecore e agnelli che, è lecito ricordare, subiscono un triste destino soprattutto nelle feste delle tre religioni monoteistiche. Per non parlare dei pesci del Lago di Tiberiade messi sulla griglia dagli Apostoli (ma questo sarebbe un argomento difficile da condividere dai non vegani).

Ora però, l’esempio del superbo leone e dei multicolori pappagalli che hanno troneggiato in immagine sulla facciata della Basilica, devono farci sperare che, accanto ad una accorata difesa dell’uomo e del Creato in generale, il Santo Padre indichi a tutti noi come anche le creature massacrate a milioni – soprattutto nei Paesi ove una crescita rapida della popolazione le sta portando all’estinzione – siano degne almeno di rispetto. Penso alle tigri e ai rinoceronti, ai gorilla e agli elefanti tutte specie per i quali il WWF si batte e che difficilmente vedranno l’ala del prossimo secolo.
Oggi uno sciagurato cacciatore o un bracconiere che uccida uno di quegli animali magnificati sulla facciata di San Pietro, non commette per la Chiesa, nemmeno un peccato veniale da sanare con un PaterAveGloria in confessione.
Fulco Pratesi

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