Una prima traccia della rotta verso la salvezza degli squali del Mediterraneo è stata posta in questi giorni grazie alla collaborazione di una delle marinerie di palangari più importanti dell’Adriatico, quella di Monopoli.
Qui i pescatori, principalmente dediti alla pesca del pesce spada, hanno mostrato interesse a collaborare e condividere soluzioni per risolvere il problema che affligge maggiormente gli squali del Mare Nostrum, ovvero, la pesca accidentale. Oltre la metà delle 86 specie presenti nel bacino, tra squali, razze e chimere, sono a rischio, soprattutto perché finiscono nelle reti a strascico o negli attrezzi utilizzati per la pesca del tonno o del pesce spada.
I pescatori di Monopoli hanno riconosciuto il problema come grave: le specie commerciabili di squali sono poco remunerative, trovarli catturati dagli ami intralcia l’attività di pesca e può perfino danneggiare gli attrezzi, inoltre per le specie protette (25 nel Mediterraneo) i rischi di sanzioni sono alti, se gli animali vengono sbarcati e messi in commercio. Catturare uno squalo quindi fa un danno al mare e ai pescatori stessi.
Gli incontri di questi giorni sono stati organizzati nell’ambito del progetto SafeSharks condotto dal WWF insieme a COISPA e INCA e si sono svolti grazie alla collaborazione delle Cooperative locali dei pescatori e della Guardia Costiera di Monopoli, con la presenza del Comandante Matteo Orsolini, anche in virtù di un Protocollo di Intesa tra WWF e Comando Centrale della Capitaneria di Porto per la difesa del mare. Il raggiungimento degli obiettivi del progetto SafeSharks grazie alla partecipazione della comunità di pescatori e operatori commerciali di Monopoli, scelta come area focus del progetto, potrebbe rappresentare una prima ‘case-history’ nel Mediterraneo per la salvezza degli squali.
Gli incontri hanno permesso di aggiornare la comunità dei pescatori e operatori commerciali locali rispetto alle normative e il riconoscimento delle specie protette. In particolare è stato possibile rendere consapevoli i pescatori dell’importanza del loro aiuto nel raccogliere informazioni anche sulle specie più a rischio, quando vengono catturate accidentalmente e poi rilasciate. Una volta a bordo, per le specie protette di squali la collaborazione dei pescatori diventa fondamentale per la loro tutela: i dati da loro raccolti (specie, posizione, periodo) sono preziosissimi e inoltre i pescatori, se rispettano le norme liberando gli animali in mare, non rischiano alcuna sanzione. Tra le attività in programma con i pescatori vi è anche la marcatura degli squali che consentirà di raccogliere dati sulla sopravvivenza degli esemplari una volta liberati. Si è approfondito con gli operatori commerciali anche il problema della tracciabilità del prodotto: spesso la carne di squalo viene erroneamente etichettata con indicazioni di altre specie più remunerative (es, pesce spada), una frode ai danni del consumatore e dell’ambiente.
Nonostante l’importanza ecologica e socio-economica della cattura accidentale degli squali e dell’introduzione sul mercato delle loro carni, c’è carenza di appropriati programmi di monitoraggio in Italia e in Mediterraneo che forniscano informazioni dettagliate sulle specie e il numero di individui di squali presenti, sui tassi di cattura accidentale nella pesca e sul fenomeno di frode alimentare. L’Italia è anche uno dei maggiori mercati al mondo per il consumo di carne di squalo e uno dei principali paesi al mondo per il volume di carne di squalo importata.
Le attività di marcatura satellitare partiranno nei prossimi mesi e la raccolta dei dati ovviamente dipenderà dal numero dei TAG disponibili. Considerato il costo di ciascun apparecchio, circa 5.000 euro, il WWF ha anche lanciato una raccolta fondi per sostenere il progetto che vuole salvare gli squali del Mediterraneo dall’estinzione – wwf.it/adottaunosqualo.
I DINOSAURI DEL MARE
Gli squali vivono nei mari del nostro pianeta da oltre 400 milioni di anni, sono sopravvissuti alle ere geologiche, ma oggi sono a rischio per colpa dell’uomo, soprattutto nel Mediterraneo. Sebbene si conosca ancora poco sulle loro abitudini, una cosa è certa: si calcola che nel 2015 siano state pescate circa 14,065 tonnellate di squali e razze in Mediterraneo. Il 10-15% dei pesci catturati dai palangari (lunghissime lenze con centinaia di ami), attrezzi destinati alla pesca del pesce spada e del tonno, sono purtroppo squali pelagici. Il Mediterraneo quindi si conferma come uno dei luoghi più pericolosi al mondo per squali e razze soprattutto per questo fenomeno del by-catch.
GLI SQUALI SIAMO NOI
Delle 86 specie di elasmobranchi mediterranee, quelle attualmente protette sono 25 e devono essere rilasciate illese e vive, non possono essere ritenute a bordo, sbarcate e commercializzate. Invece, spesso gli squali e razze pescati accidentalmente, comprese le specie protette, vengono introdotti sul mercato, volontariamente o involontariamente (in quanto non correttamente identificati), etichettati in modo scorretto (ad esempio come pesce spada) e/o venduti illegalmente, fenomeno conosciuto come frode alimentare che inficia la sicurezza del consumatore.